Dopo aver pubblicato il loro debutto sulla lunga distanza, “Mirror”, lo scorso febbraio, i Balms sono arrivati in Europa a presentarlo: pochi giorni fa, grazie alla piccola etichetta di Rennes Ideal Crash, la band di San Francisco ha realizzato anche la cassetta del suo esordio e proprio questa occasione li ha spinti a un lungo tour francese, con successivi passaggi anche in Italia e Belgio.
Quella di oggi è la loro seconda tappa nel nostro paese: è il sabato di Pasqua e ci troviamo in un pub nella campagna cremonese, situato in una piccola frazione di Casalmaggiore.
Il locale è piuttosto frequentato, anche se non tutti i presenti siano concentrati sulla musica di chi sta suonando nella stanza accanto: dopo l’esibizione dei bresciani Montezuma, pochi minuti dopo le undici, è finalmente il turno del trio californiano.
Si parte con “Bones”: una sostanziosa parte strumentale ci introduce ai vocals del frontman Jared Padovani. La traccia è un continuo crescere, mentre la voce sembra esprimere una sensazione di sofferenza, pur dietro a visioni melodiche di notevole valore, seppure dalle tinte oscure. La chitarra del cantante si lascia in lunghe galoppate e costruisce affascinanti panorami sonori shoegaze ben supportata dal drumming sempre presente e deciso di John Kolesnikow, probabilmente quello che, a livello fisico, ha dato di più di tutti oggi.
Nella vecchia e potente “Golden Hair”, opening-track del loro primo EP, datato 2015, i vocals di Jared, pur cambiando spesso di tono, rimangono nascosti dietro un muro di suoni pesanti, ma nonostante tutto riesca a emergere una splendida dolcezza, che senza dubbio ci colpisce in modo intenso.
I Balms ci fanno sognare, riflettere e, per un’ora abbondante, ci portano su territori magici e lontani, passando anche per influenze grunge, più pesanti e cattive, ricordandoci più di una volta i Nothing di Domenic Palermo, che tanto ci piacciono.
I vocals viscerali di Jared in “The Room” dimostrano la sincerità del progetto, con l’atmosfera e il ritmo che cambiano più volte d’intensità nei suoi cinque minuti abbondanti, mentre “Mirror” chiude il mainset regalando brividi ed emozioni: dura, rumorosa, dolorosa, ci dona gli ultimi attimi di passione della serata.
E’ ormai passata la mezzanotte, ma c’è ancora tempo per un encore abbastanza sostanzioso, tra cui vogliamo segnalare la bellissima “Nothing In”: costruita perfettamente e con precisione ingegneristica, sa come far scaturire sensazioni melodiche, seppur inquietanti, anche all’interno di un panorama dall’atmosfera davvero buia.
Un live veramente solido quello dei tre ragazzi californiani, che, in questa oretta, ci hanno condotto verso la Pasqua attraverso le loro sonorità shoegaze e dreamy, sicuramente molto potenti e scure, ma altrettanto intense sotto il punto di vista emotivo: c’è sempre uno spiraglio di luce dietro al buio.