Dopo avervi visto di recente gli I Hate My Village, sono tornato al Kalinka di Carpi (MO) per assistere a un altro concerto che attendevo da tempo: quello dei Be Forest.
Le affinità musicali tra le due band in fondo non sono molto ma entrambe hanno la capacità , specie dal vivo, di proiettarti in un’altra dimensione, di farti ondeggiare oppure travolgere, a seconda dei casi.
Pur non affollato al punto da non potersi muovere, il locale ha visto comunque affluirvi molta gente, tra cui una percentuale cospicua di under 30.
Tanta infatti era l’attesa per ascoltare questo giovane trio pesarese composto da Costanza Delle Rose, Erica Terenzi e Nicola Lampredi, rientrati in pista con un nuovo disco di inediti (intitolato “Knocturne”) a distanza di ben 5 anni dal precedente (e fortunato) “Earthbeat”.
5 anni in cui i Nostri non sono certo rimasti con le mani in mano, avendo avuto modo tra le altre cose di esibirsi con frequenza anche all’estero. D’altronde la loro è una musica che potrebbe veramente non essere contraddistinta da confini, geografici e non. Il disco nuovo, assimilato in questi mesi, si discosta dai precedenti, per i suoi toni sicuramente più oscuri e cupi, meno sintonizzati sul dream pop; di contro però risulta più accentuata la vena sonica.
Le good vibrations si erano avvertite già con l’artista che ha aperto le danze, Jack Eden, loro concittadino e compagno di etichetta, che ha proposto un set minimale ma molto suggestivo, fatto di distorsioni, rumori e suoni dilatati e sognanti, in cui a tratti appariva la sua voce a innescare soavi melodie. Molto interessante e in grado anch’egli di attirare l’attenzione dei presenti, raccogliendo applausi e consensi.
E’ indubbio però che il pubblico attendesse loro, ed ecco che poco dopo le 23 e 30, avvolti da fumo e fasci di luce per lo più oscuri, quasi fossimo in prossimità dell’alba, o nel pieno del crepuscolo, salgono sul palco i Be Forest.
Entrano in scena senza far rumore, quasi in punta di piedi. Ma sarà solo un attimo, il tempo di raggiungere le rispettive postazioni.
Si parte subito con la musica, senza tante presentazioni e d’ora in poi sarà quella a parlare per loro, visto che il gruppo non brilla di certo in quanto a loquacità . Poco importa, che fossero strumentali o accompagnate dalla lieve vocalità di Costanza (voce principale) ed Erica (per lo più ai cori), le canzoni sono di quelle in grado di trasmetterti una vasta gamma di emozioni.
Come previsto, e come accaduto nelle precedenti date di un tour che sta mietendo successo ovunque, il set prevede l’intera tracklist dell’ultimo disco e, da come armeggiano sul palco e si lanciano sguardi complici e soddisfatti, ben si comprende quanto ne siano orgogliosi e quanto al momento sia questo l’abito sonoro che gli si addice meglio.
Sì, perchè i brani di “Knocturne”, soprattutto in chiave live, danno modo ai Be Forest di esaltarsi con lo strumento: Nicola ha modo così di lanciarsi in sferragliate shoegaze, ad esempio nella tortuosa “Gemini” o nell’onirica “You, Nothing” una di quelle che maggiormente traggono vigore e lucentezza rispetto alla versione su disco. Costanza può far fluttuare il suo basso e raccontarsi in una “Bengala” magnificamente in bilico tra Joy Division e Slowdive, mentre Erica batte magnificamente sui tamburi sin dall’ “Atto I” e dal suo contraltare “Atto II”, dove vengono accentuati i toni tribali, e tocca vette da virtuosa dello strumento in una “Empty Space”, che a mio avviso è la summa perfetta del loro sound.
Un suono che è perennemente in bilico tra una minaccia che sembra tuonare in lontananza ed echi infiniti di dolcezza, anche se è innegabile come i Be Forest pensino soprattutto a seguire un flusso di coscienza e assecondarne le argomentazioni. Giovanissimi eppure fuori dal tempo, almeno in quanto ad attitudine e rimandi, che mai come nelle esibizioni live emergono, tra cupezze dark (come in “Fragment”) e le reminiscenze oniriche della dilatata “Sigfrido”.
Il concerto assume quasi i contorni di una suite, di un vero e proprio viaggio notturno, con il gruppo che è solito non concedersi particolari pause tra una stazione e l’altra, se non per raccogliere gli applausi e qualche timido complimento che fa capolino ogni tanto. Non che la gente non sia convinta delle loro qualità , anzi, rimane senza parole, quasi “spaventata” dalla loro bravura sul palco.
Veniamo rapiti da quell’ impetuosa onda sonora, fatta di riverberi e percussioni. E’ una tirata lucida e avvolgente, cosi chè in poco più di un’ora il viaggio si conclude.
Dal vivo anche canzoni tendenzialmente più melodiche del passato (vengono riproposte in coda allo spettacolo alcuni brani) assumono forza e colpiscono più per l’impatto e l’apparato sonoro che per l’originaria orecchiabilità . Componente quest’ultima certamente presente, soprattutto nel primo album, ma via via affievolita per puntare a creare in modo splendido quelle atmosfere dreamy, le quali però all’occorrenza possono diventare anche plumbee e cupe, ma senza mai finire per opprimere.
Se fossimo in un noto programma televisivo, mi sbilancerei nel dire che i Be Forest hanno l’X Factor, ma mi auguro che il loro percorso non li porti mai da quelle parti.
Hanno le qualità , la sostanza, il talento e, soprattutto l’originalità per emergere senza alcuna scorciatoia, perchè sono unici nel panorama musicale italiano e hanno le potenzialità per piacere molto anche all’estero.