Il mondo di Ebba e Michel è ancora pieno di dubbi, paure e momenti altalenanti, ma questa volta la necessità del duo di Malmö sembra quella di aprire maggiormente la propria emotività anche agli ascoltatori, abbandonando (in parte) l’introspezione struggente del precedente “Ok”. Ne risulta così un disco sempre intriso di quella malinconia nordica che, a tratti, emerge prepotente, ma anche vivace, rumoroso e incalzante ritmicamente, come non eravamo abituati a sentire dagli Wy.
La band, a conti fatti, non perde la capacità di guardarsi dentro, ma aggiunge un tono synth-pop e wave che favorisce maggiore empatia di quanto non accadesse con il primo album: l’ascoltatore così si sente subito coinvolto maggiormente, non prende il distacco da quanto ascolta e, anzi, sembra partecipare (e fraternizzare) a queste difficoltà che la coppia affronta, spesso, con un mezzo sorriso agrodolce sulle labbra.
Strutture melodiche ben congegnate, la voce di Ebba, sempre più versatile, una produzione che si fa più professionale. Se volevano sorprenderci, beh, lo hanno fatto!