Esiste un disco più intenso e struggente di “Diary” dei Sunny Day Real Estate? Tranquillamente vi posso rispondere di no. Qui si deve andare oltre altre alle etichette. Inutile parlare di grunge o di precursori dell’emo, quello che conta è cosa c’è dietro quella copertina, quella presunta famigliola felice o che cosa c’è scritto su quel diario evocato nel titolo che è già sinonimo d’introspezione.
Un disco che ci costringe ad andare oltre, che ci costringe a confrontarci con canzoni lunghe, elaborate, tanto incalzanti quanto capaci di dolcezze e malinconie assurde. William Goldsmith, Dan Hoerner, Nate Mendel e Jeremy Enigk in stato di grazia assoluta che trasformano il buio in lame di luce che bruciano come l’inferno, per poi farci ripiombare nell’oscurità a meditare su quanto abbiamo appena visto. Un suono che picchiava forte nella testa e nel cuore, aprendo varchi in cui perdersi, annichiliti dalla solitudine.
Dischord, primissimi U2 (basta sentire l’attacco di “Seven”), la capacità di non essere nè pop-rock nè punk ma essere altro, la bravura di parlare un linguaggio che era tanto sensibile quanto diretto, suadente come quello di un pifferaio magico eppure tanto incline a parlare di passione, quella vera, quella che disturba, che non ti lascia stare. Sussurri e grida, come il film di Bergman. Linguaggio per l’anima ma che si mostra enevitabilmente fisico, immediato, crudo. Questi erano i SDRE di questo album. “Diary” è un disco che va a scavare nei nostri punti deboli, nelle nostre debolezze e lo fa a tratti anche in un modo carezzevole, con una rabbia però che se non è latente è capace di ritorcerci contro noi stessi, quella per cui si può prendere un coltello e procurarci tagli sul braccio, perchè la tensione emotiva è altissima e solo il cutting ci può dare una valvola di sfogo.
Un disco formativo in cui è impossibile se non inutile citare dei brani, anche perchè cosa vuoi dire in poche parole? Per ogni canzone ci sarebbe da fare un trattato. Un diario che va letto dall’inizio alla fine, una serie di immagini, di polaroid, di scritti che non lasciano indifferenti. Un disco in cui l’espressione “di pancia” assume un significato vero, ricco di un dolore che si può toccare con mano: un diario sincero e verissimo che ci sconvolge ancora, dopo 30 anni.
“Diary” – Sunny Day Real Estate
Pubblicazione: 10 maggio 1994
Durata: 52:74
Tracce: 11
Etichetta: Sub Pop
Produttore: Brad Wood
Registrazione: Idful Studios – Chicago, Stati Uniti
1. Seven
2. In Circles
3. Song About an Angel
4. Round
5. 47
6. The Blankets Were the Stairs
7. Pheurton Skeurto
8. Shadows
9. 48
10. Grendel
11. Sometimes