E’ stato un giovedi sera all’insegna della grande musica, quello del Cohen, locale veronese che da tempo si sta distinguendo per le proposte di qualità . Certo, con la partecipazione di Ben Ottewell, ex voce dei Gomez, il livello ha raggiunto probabilmente uno dei suoi apici.
L’attesa per l’artista inglese era notevole, viste le sue indubbie doti canore, che lo hanno ben presto fatto accostare a grandi del passato, tra Nick Drake e Mark Lanegan, per non dire di Eddie Vedder.
E’ indubbio però che bastò in realtà il fragoroso debutto dei suoi Gomez, nel lontano 1998, uno dei migliori esordi di sempre, per segnalarcelo come grande voce, in grado di emozionare con la sua espressività e la sua intensità interpretativa.
E anche quelle veicolate durante il suo set acustico sono state emozioni forti. Anticipato dal cantautore Daniele Braglia che, col suo repertorio intimista e raccolto, ha creato il giusto mood dell’evento, Ben è salito armato del suo ukulele per aprire le danze in maniera sublime e ha presentato un set incentrato in maniera equa tra brani del suo percorso solista (da citare almeno l’ottimo album “A Man Apart”, che recupera l’ispirazione dei tempi migliori), e cover senza tempo, senza disdegnare alcune gemme create con la sua celebre band.
Negli anni scorsi, in coppia con l’ex sodale Ian Ball, altro talento cristallino dei Gomez, o più volte in solitaria, si era già esibito in chiave acustica in varie parti del Mondo ma adesso è giunto anche in Italia per una serie di date che possano valorizzarne appieno l’arte e l’ urgenza.
Solo voce, ukulele e chitarra, e tanto basta per lasciare senza fiato i presenti, ammaliati da brani come “Steal Away”, “Patience and Rosaries” o “Blackbird”.
Man mano che i minuti trascorrono il pubblico entra in sintonia con l’incedere cadenzato e profondo di Ottewell che diviene quasi un tutt’uno con lo strumento, rivelando un’abilità evidente nel ricamare in acustica brani anche strutturalmente complessi nella loro forma originaria. Passano così in rassegna “Free to Run”, “Get Miles” o la blueseggiante e spaziale “78 Stone Wobble”, una delle hit dei Gomez e tra i momenti più graditi e coinvolgenti.
L’artista, che spesso intervallava le sue performances sul palco, sorseggiando del buon Bowmore, whisky scozzese, ha dato tutto sè stesso, comunicando poco (concentrato com’era in una resa ottima artistica), ma in modo affabile e genuino.
Personalmente, il momento del “canto libero” è avvenuto quasi in coda al concerto, con quella “Bring It On”, tra i singoli più clamorosi di un album leggendario come “Liquid Skin”, mentre di momenti emozionanti Ben ne ha regalati molti ma in particolare in due casi si è arrivati quasi a livelli di commozione (e ammetto di aver visto degli occhi lucidi in sala).
E’ avvenuto con una struggente “Chicago”, dal suo repertorio solista, e con la canzone che ha chiuso il sipario su una splendida serata, una “Tijuana Lady” davvero da pelle d’oca.
Nient’altro da aggiungere, in genere con artisti di questo calibro, viene più semplice mettersi in ascolto e lasciarsi trasportare dalle sensazioni, dalla magia del momento. E Ben Ottewell, senza tanti artifici sonori, è capace di trasmetterne in maniera fragorosa.