Tornano per la felicità dei fan, forse non tantissimi ma appassionati, dopo ben sette anni i Clinic con un nuovo album, una lunga attesa che si trasforma in un lavoro che in fondo ci restituisce il loro stile cosi eccentrico ma allo stesso tempo cosi carico di passato.
La loro volontà di muoversi in una dimensione personale tra utilizzo di strumentazione vintage , lo-fi, accavallamenti di suoni e melodie che virano nel momento giusto per evitare di cadere nella banalità , riesce a produrre un risultato brillante che merita un ascolto attento magari inforcando le cuffie. La durata complessiva dell’album non supera i venticinque minuti per un totale di dodici brani, con pezzi, quasi tutti sui due minuti e qualcosa, che ti lasciano quasi in sospeso impedendo all’ascoltatore di abituarsi troppo e costringendolo subito ad andare oltre.
L’album apre con “Laughing Cavalier” una brano delizioso che, tra le risate del cavaliere e il song writing di Ade Blackburn, è a un passo dalla canzone perfetta, seguita da “Complex” una bella prova che fa venire in mente alcune sperimentazioni elettroniche dei Belle and Sebastian. Altri pezzi interessanti sono “Rubber Bullets” che ti cattura subito tra distorsione e cabaret, D.I.S.C.I.P.L.E. quasi dei Devo in sala operatoria, Rejoice! che in coda mi fa venire in mente Debbie Harry che li raggiunge sul palco.
In realtà l’intero lavoro si sviluppa in modo eccellente lasciando una sensazione di una grande potenzialità , che si esprime in modo quasi totalmente compiuto regalandoci un album di altri tempi.
I Clinic sono secondo me sottovalutati, il loro sound tra talento alla Syd Barret e sperimentazione elettronica fine anni 70, è assolutamente sorprendente e se proprio devo avere una speranza è che si decidano ad alzare il tiro e spingere sull’ elettronica.
Questo è un album che non li renderà più famosi, o addirittura popolari, ma che per chi già li apprezza sarà sicuramente un nuovo tassello importante di una carriera ormai abbastanza lunga e significativa.
Credit Foto: Rhian Askins