Tre anni dopo “Absolute Loser”, ritornano i Fruit Bats di Eric Donald Johnson con un opera che sa tanto di concept album e che sembra muoversi sul filo della nostalgia, ad affiancarlo una nutrita schiera di collaboratori tra i quali spiccano Neal Casal (Circles Around the Sun),Greta Morgan (Springtime Carnivore, Vampire Weekend), Trevor Beld Jimenez e Tim Ramsey (Parting Lines) e Meg Duffy (Hand Habits).
Il titolo “Gold Past Life”, già preannuncia l’atmosfera agro dolce e lievemente malinconica che accompagna il guardarsi indietro, il cercare nel passato i propri punti di riferimento.
Questo atteggiamento, tipico nelle situazioni di preoccupazione instillate anche dalle incertezze geopolitiche, seppure aleggiante non fa cadere Johnson, in questo suo lavoro, nella banalità delle esternazioni anti Trump che toglierebbero valore alla sua poetica, ma in modo elegante e sottile si limita a guardare il passato quasi come un rifugio.
Allo stesso tempo la sua musica guarda agli anni 70, ma una base country viene spesso farcita con una brillante e succosa chitarra elettrica, o da sintetizzatori vintage, accompagnata da melodie pop rassicuranti, riuscendo a trasmettere all’ascoltatore questa sensazione di un passato perso ma non per questo bisognoso di rimpianto, insinuando però lentamente anche la sensazione di essere in fondo ingannati come se Johnson ci volesse condurre al centro di una ragnatela per intrappolarci.
Il brano di apertura “The Bottom Of It”, è una grande partenza con una chitarra avvolgente e ci prepara alla title track “Gold Past Life” pezzo che ricorda molto i Bee Gees, abbastanza ruffiano ma perfetto per arrangiamento e falsetti .
Canzoni da ricordare ce ne sono diverse da “Drawn Away” che celebra il ricordo dell’assenza accompagnata da una chitarra elettrica anch’essa nostalgica , a “Your Dead Grandfather” dove invece protagonista è il ricordo della perdita che si accende ogni volta che la neve scende a colorare il paesaggio, ma anche la dolce “Barely Living Room” che ci conferma, anche in questo episodio meno spinto sul ritmo, come la contrapposizione tra la vivacità del sound e l’atmosfera malinconica dei testi si sposino alla perfezione.
La mia preferita resta comunque “A Lingering Love” piccolo gioiellino in cui il country si fonde fino a nascondersi in una melodia accattivante e mentre Johnson canta “..Still I got a lingering love for this place Let’s turn the plane around I don’t wanna give up ‘Cause I got a lingering love for this place I gotta lingering love for this place…” è il paesaggio a essere il sentimento protagonista, insieme a “The Bottom Of It” ha preso subito posto nella mia personale playlist.
Questo album dei Fruit Bats non deve passare inosservato, non solo perchè è uno dei migliori realizzati dalla band, ma soprattutto perchè ad ogni nuovo ascolto appare più bello, una prova dove forse non si cerca di impressionare al primo ascolto ma di creare un contatto con l’ascoltatore sul filo del ricordo e di un sound rassicurante ma decisamente valido.