Si chiude stasera, con il concerto di Sharon Van Etten, questa quattro giorni di Arti Vive Festival, che, come molto spesso è accaduto anche in passato, ci ha regalato tantissime soddisfazioni.
Ad aprire la serata sul grande palco di piazza Lusvardi c’è Adele Nigro, ovvero Any Other, accompagnata dalla sua band, che, oltre al bravissimo Marco Giudici, oggi vede anche la presenza di un bassista e di una batterista: come sempre la classe e il sapore internazionale della proposta della musicista nativa di Verona ci lasciano sensazioni positive e sanno emozionarci grazie anche all’eleganza del suo suono.
E’ poi la volta dei Malihini, reduci dal loro primo album, “Hopefully, Again”, uscito pochi mesi fa per la prestigiosa etichetta inglese Memphis Industries: la band romana, ma da lungo tempo di stanza a Londra, propone un pop raffinato, intelligente e moderno, mai banale e spesso raffinato e ricercato. Federica Caiozzo e Giampaolo Speziale, che non sono certo nuovi sulla scena, dimostrano di sapere bene quali strade intraprendere. Per loro arriva una promozione piena.
Sono quasi le dieci e un quarto, quando arriva sullo stage modenese la deliziosa musicista nativa del New Jersey di ritorno in Italia dopo alcuni anni: il suo quinto album, “Remind Me Tomorrow”, è uscito lo scorso gennaio via Jagjaguwar a distanza di quasi un lustro dal precedente,”Are We There”, ma nel frattempo la dolce Sharon ha anche recitato per una serie di Netflix e ““ cosa ben più importante ““ è diventata mamma.
Come abbiamo ascoltato nel nuovo disco, le tonalità dei suoi suoni sono cambiati e questo andrà inevitabilmente anche a modificare i suoi live-show, come possiamo già capire dalla opening-track della serata, “Jupiter 4”: introdotta da pesanti e cupi synth della sempre bravissima Heather Woods Broderick, la canzone aumenta di intensità grazie anche al buon drumming che si fa sempre più deciso, mentre i vocals della Van Etten risultano molto puliti e candidi e sono forse l’unica nota colorata in mezzo a cotanto buio.
Sebbene l’uso dell’elettronica sia ancora piuttosto importante anche nella successiva e veloce “Comeback Kid”, si incominciano però ad aprire i primi spiragli di luce e di sensazioni pop, grazie anche a un ritornello che ha davvero più di qualcosa di catchy.
Se la voce di Sharon riesce sempre e comunque ad aggiungere un tocco di poesia anche in mezzo all’oscurità , difficile trovare le parole per descrivere quanto sia bella ritrovarla in canzoni come “Tarifa”: riflessivo e morbido, questo pezzo prende strade larghe e aperte che passeggiano su territori folk dai toni puliti e sono brividi puri che scorrono nelle vene di tutti i presenti.
E per una “Memorial Day” che ci porta ancora verso il buio con la sua elettronica cattiva, c’è una “Malibu” che segue poco dopo, che torna a toccarci pesantemente il cuore con i suoi sentimenti e la sua passione (meraviglioso qui il suono del piano).
Dopo la emozionante cover di “Black Boys On Mopeds” di Sinead O’Connor, eseguita dalla sola Van Etten al piano, ecco arrivare anche “Seventeen”, che, con la sua anima irresistibilmente pop, ci porta un’altra dose di sentimenti molto forti.
La bellissima “Everytime The Sun Comes Up” ci illumina nuovamente con la sua dolcezza, poco prima dei tre encore, chiusi da “Stay”, dove è ancora una volta la passione ad avere la meglio, nonostante l’oscurità .
Un live di rara intensità emotiva, che ha regalato alla folla modenese un degno finale per questo festival che, anche quest’anno, ha saputo portare proposte internazionali di valore assoluto in una realtà così piccola come Soliera.
E ovviamente l’ultimo pensiero è giusto dedicarlo a Sharon, la regina di questa serata, che anche questa volta, grazie alla sua classe e alla sua capacità di trasmettere i sentimenti attraverso le sue canzoni, ha saputo lasciare il segno nei cuori dei suoi fan italiani. Alla fine importa davvero poco con quale colore abbia deciso di disegnare le sue canzoni, quando le emozioni sanno lasciare un segno così importante.