Dopo la fine del tour a supporto del loro sophomore, “Babes Never Die”, uscito nel 2016, le Honeyblood hanno deciso di prendere una lunga pausa e, se la chitarrista e frontwoman Stina Tweeddale ne ha approfittato per recuperare dai suoi problemi con l’ansia, la batterista Cat Myers ha deciso di unirsi ai Mogwai come touring drummer.
Stina ha così iniziato a scrivere da sola e, quando la sua compagna di band è ritornata dai suoi impegni con la storica band post-rock scozzese, il terzo album aveva già preso una nuova impostazione, con la Tweeddale che lo ha registrato a Los Angeles in appena nove giorni con l’aiuto del produttore John Congleton (St. Vincent, Angel Olsen).
La trasformazione in un progetto solista avrà portato fattori positivi all’interno di Honeyblood o ciò ne decreterà il suo declino o comunque una discesa?
Anche se già prima era prevalentemente il carattere dominante della band, ora Stina ha totale libertà creativa e in questo nuovo album prova a calpestare territori sonori mai utilizzati in precedenza.
Ispirata dai suoi incubi notturni, “She’s A Nightmare” apre i giochi con un aspetto piuttosto cupo, ma sa esplodere con un potente e rumoroso coro, sicuramente degno dei precedenti due lavori della ragazza scozzese, mentre “Gibberish” è un’energica e fragorosa bomba punk, letteralmente gridata in faccia all’ascoltatore.
L’uso dei synth in “Touch” non ci convince per nulla, poichè la rende troppo buia e le fa perdere l’anima; anche in “You’re A Trick” Stina sembra sbagliare la strada con l’utilizzo di un’elettronica che confonde le idee e non la porta da nessuna parte.
Ci salva la conclusiva “Harmless”, un pezzo piano e voce toccante e capace di affascinare per la sua sincerità , la sua semplicità e la sua bellezza.
Non tutte le novità portano segnali positivi, ma ci sono ancora parti apprezzabili in questo nuovo lavoro di Honeyblood: chissà cosa le riserverà il futuro.
Foto Credit: Paul Hudson