Pete Doherty e The Puta Madres hanno scelto la Rocca Malatestiana di Cesena. Ospiti della rassegna Acieloaperto sul palco, assieme a Doherty , troviamo Jack Jones dei Trampolene alla chitarra, Katia DeVidas alle tastiere , Michael “Miggles” Bontemps al basso e il batterista Rafa. Manca all’appello invece la violinista Miki Beavis presente nel disco. Beh che dire, sicuramente una cornice come quella della Rocca Medioevalerisulta perfetta per l’atmosfera Bohemien proposta dalla band, location che in effetti però faceva intuire fin da subito ad un limitato numero di partecipanti. E così è stato.
D’altro canto non parliamo di Libertines, o di Babyshambles, parliamo dell’ultimo progetto di Peter risalente ai primi 2016 che vede probabilmente come seguaci (in primis) i vecchi e storici affezionati dell’ultimo poeta maledetto Inglese. Tempo al tempo quindi anche se dispiace per quelle sole tre-quattrocento persone davanti al palco, ma sinceramente tanto meglio per noi piazzati comodamente a 5 metri dal palco con birra e panino in mano.
Una rapida uscita della band e si parte con il primo brano in scaletta. “All at Sea”, presente nello stesso disco e dolcemente riarrangiato rispetto alla versione originale dei Libertines, funge da catalizzatore per stabilire subito un contatto diretto con il pubblico forse in prima battuta timido e quasi disorientato. Lo stesso Peter si fa schermo alle luci con la mano destra sulla fronte per valutare la situazione. Mai paura, dopo un paio di pezzi il pubblico comincia ad ondeggiare in maniera danzereccia tra le note di ” Who’s Been Having You Over” che arricchiscono l’atmosfera magica della Rocca illuminata e assolutamente incantevole.
La profonda complicità sul palco tra Peter e il chitarrista Jack Jones risulta perfetta e ricorda un po’ quella inimitabile con il compagno libertino Carl Barat. Doherty e Jones giocano con le emozioni, ridono, scherzano passandosi una sigaretta frettolosamente accesa tra una nota e l’altra di “The Whole World Is Our Playground”, oppure cantano nello stesso microfono in perfetto stile Libertines. Tutto molto bello, tutto molto incantevole ma che per un fan dei Libertines (come chi scrive) ricorda troppo la band di “What a Waster”.
Neanche un’ora di concerto e arriva la prima uscita di scena della band, Peter sparisce dal palco dopo aver lanciato la chitarra al tecnico di turno il quale abilmente la afferra senza problemi, qualche fischio americano e coro di incitamento e la band ritorna fuori. Si riparte con “Shoreleave”, tanto romantica e dandy nei suoi originali 5 minuti quanto tediosa nel finale trascinato per tanti, troppi minuti. Guardandomi attorno mi accorgo che è presente meno gente dell’inizio ma questo non sembra influenzare la band che anche se visibilmente stanca (forse anche per il caldo assurdo che fa da protagonista in questi giorni nel Bel Paese), si da da fare sul palco ormai incandescente anche per la quantità di luci presenti.
Il tempo scorre e le canzoni si susseguono quando a circa un’ora e mezza la band sparisce nuovamente salutando, ma il pubblico non ci sta e dopo aver intonato un coro da stadio “Peter, Peter, Peter, Peter” ecco che lo stesso esce imbracciando la sua chitarra acustica compagna di mille avventure. Il momento magico è arrivato, molti sperano in qualche classico rivisitato ma dopo un paio di pezzi tra cui “A Foo There Was” il saluto è definitivo e la band esce di scena ringraziando i fan che in parte aspettavano qualche classico snobbato scaletta. Fa niente.
Si corre tutti sotto alle finestre del Mastio adibito a backstage nella speranza di incontrare i ragazzi ormai entrati e asserragliati nell’edificio. Di li a poco la serata si trasforma ed è pura magia.
Peter apre una delle finestre e esce a torso nudo salutando la gente visibilmente eccitata per il momento speciale. Dopo pochi istanti lo si ritrova sulla finestra che imbraccia la sua acustica intonando le note di “Don’t Look Back Into The Sun”, la gente ammaliata lo segue cantando a squarciagola il famoso singolo che contribuì a farci innamorare di lui e il resto dei soci nell’ormai lontano 2003.
Il poeta ha colpito nel cuore, l’ha fatto nella sua maniera, come è solito fare, riuscendo a farci tornare a casa con il sorriso sulle labbra e più innamorati di prima.
Foto di Thibault Lèvàªque