“There are no words to describe the overwhelming sadness and pain that comes with the death of our beloved Scott, but to know he is no longer suffering brings us some comfort. Reading messages of support and hope from those he has helped through his art has helped immensely and we encourage you all to continue doing this. He will be missed by all of us and his absence will always be felt but he leaves a legacy of hope, kindness and colour that will forever be remembered and shared“.
Così i Frightened Rabbit avevano dato la conferma e la notizia della morte di Scott Hutchinson.
La morte è “undiscovered country” e per abituarsi, o trovare una nuova dimensione, alla fine, un disco come “Tiny Changes: A Celebration of The Midnight Organ Fight” è necessario e anzi lascia spazio a delle nuove interpretazioni artistiche che diventano pane quotidiano per celebrare una band amata e amabile come i Frightened Rabbit.
Non c’è attitude coveristica, ma pura e densa lucidità artistica e interpretativa da parte di tutti gli artisti che hanno partecipato al progetto.
Tutti vogliono, in questi casi ““ anche i fan- “Una piccola parola recante la liberazione” e con il peso della morte sulle spalle ci si vuole semplicemente svincolare dal male, dalla paura o dal semplice gravare del quotidiano ricominciare.
La solidal-catena che racchiude tutta una schiera di frasi, circostanze e gesti di routinario disinteresse, non fa parte di quel circolo di genuinità che la band scozzese aveva creato con un sound profondo e attaccato a temi come la morte, la solitudine e la noia. In tutto questo, anche riascoltando la discografia della band, viene fuori un percorso di elaborazione, gestazione e superamento del lutto, che si traduce in delle reinterpretazioni profonde e legate al modo di fare poesia di Hutchinson.
Il superare la morte non è un esercizio di stile, ma piuttosto un percorso che comprende vita, universo e tutto quanto.
I brani, nel disco dedicato alla fondazione creata proprio per la memoria di Hutchinson, scorrono tutti, pur avendo anime diverse, fortissime, spiccate e chiare.
“The Modern Leper” ha un vestito battente, rumoroso e definita sull’ontologia del suono di Biffy Clyro, stesso discorso è legato alla versione struggente di Julien Baker, che gioca con i sussurri e le alterazioni sonore e arieggiate del synth.
L’album non è costruito su una mitologia della morte, ma piuttosto sulle re-interpretazioni urgenti e puntuali dei pezzi. Tutti infatti si confrontano con l’autorialità e l’esperienza di Hutchinson, dalla Manchester Orchestra a Ben Gibbard.
Al lavoro possiamo applicare la formula di Roland Barthes:”Refreshing the perception of the world“. è questo infatti lo scopo della poetica dei Frightened Rabbit che con questo disco è stata approfondita, rimodellata e vista con una luce diversa, che supera anche il lutto, il dolore e il silenzio.
E se nella morte di Hutchinson c’è il vuoto di una sconfitta e di una malattia, nel disco c’è la celebrazione di un’eredità poetica che si mette in dialogo, continuamente, con il futuro.
Image by Jimmy Fontaine