Titus Brown, Matt Lambert e Jim Crook compongono il trio che con il nome di All the Saints giunge al terzo album, a cui è stato dato l’ottimista titolo di “Look Like You’re Going Somewhere”. Il loro primo album “Fire on Corridor X” risale al 2008. La band, originaria dell’Alabama ben presto si trasferisce ad Atlanta dove i tre ragazzi si fanno ben notare se vengono invitati a firmare un contratto per Touch & Go Records, prestigiosissima etichetta e famosa per aver scritturato e pubblicato album di cult band del panorama alternativo americano sin dagli inizi degli anni’80. Ricordiamone solo alcuni, tanto per farci venire le farfalline allo stomaco: Big Black, Blonde Redhead, Brainiac, Calexico, The Delta 72, Die Kreuzen, The Jesus Lizard, June of 44, L7, Mekons, Shellac, Slint, Therapy?, Urge Overkill, i nostri Uzeda, Virgin Prunes e ne ho tralasciati a centinaia. La cosa curiosa è che i nostri All the Saints sono l’ultima band che firmò per la Touch & Go prima del grande ridimensionamento avvenuto nel 2009 quando la label interruppe la produzione e la distribuzione anche per altre etichette indipendenti che dipendevano da essa. Dopo essersi fatti una discreta fama, soprattutto come grandi interpreti live, la band è stata contattata da Henry Owings, proprietario della Chunklet Industries. Il motivo dell’incontro è convincere i tre musicisti dell’Alabama a scrivere nuove canzoni per un nuovo album. Il buon Henry non deve averci speso troppo tempo per ottenere una risposta affermativa.
Con il contributo di Jason Kingsland, conosciuto soprattutto per il suo lavoro con Deerhunter e Band of Horses, la band si chiude negli Maze Studios per tre giorni e le otto canzoni di “Look Like You’re Going Somewhere” vengono incise. L’album è caratterizzato essenzialmente da un sound grezzo e distorto con basso pesante e chitarre aggressive con deviazioni psyco-noise accentuate da una voce psicotica. “Casket” è il brano che esce dai ranghi come quei corridori che fuggono dal gruppo a pochi chilometri dall’arrivo solo per piacevolmente sprofondare in qualche istante di gloria…per poi essere impietosamente ingoiati nella pancia del gruppo che li raggiunge al doppio della velocità …però quei quattro minuti di piano rimangono bene impressi nella memoria. Il loro suono è paragonato a quello degli inglesi Spacemen 3 ed ai più vicini Jesus Lizard (loro di Chicago): nonostante vengano scomodati nomi importanti direi che l’accostamento non è una bestemmia. Io ci metterei anche un pizzico di Nirvana tanto per non sfigurare!
Questo album ha una energia particolare, richiama la tua attenzione con una finta timidezza per poi portarti in spazi dove puoi lasciarti andare e trovare quello spirito, decisamente ribelle, che spesso lasciamo nascosto e soffocato dalle inconsistenti e futili incombenze giornaliere. Gli ATS non faranno la storia della musica ma possono vantarsi di aver scritto ottimi brani e, come quel corridore di cui si diceva prima, ritagliarsi qualche momento di meritata celebrità .