Quanto è distante nel tempo un album come “Yours Truly, Angry Mob”, secondo in studio dopo l’altrettanto fortunato (ed apprezzato) esordio di “Employment”?
In un mondo in cui la creatività e le novità vere e proprie si muovono al rallenty, sembra davvero millenni.
Perchè se Ricky Wilson e compagni avevano già dato i primi segni con gli ultimi lavori, questo “Duck” ufficializza la definitiva uscita dal palinsesto rock dei Kaiser Chiefs. E non è un bene, sia chiaro anche questo.
Chè poi, gli agganci e le melodie non mancherebbero nemmeno, e la produzione e il missaggio (firmati da gente come Ben H. Allen e Iain Archer) sono a regola d’arte: il punto è che la componente rock, magnetico per quanto di facile approccio, dei Kaiser Chiefs invece che muoversi verso lidi sperimentali o consolidarsi in qualche peculiare percorso artistico distintivo, va a vaporizzarsi totalmente nel pop più edibile, commerciale, prevedibile.
Lo capiamo subito con l’opener “People Know How To Love One Another”, che vorrebbe essere pure un messaggio (ancora uno, ce ne fosse bisogno) sul tema Brexit: un piccolo insignificante inno che di più scontato è difficile fare.
E pure le divagazioni nell’R&B (“Wait”), nel synth-pop più effettato (“Don’t Just Stand There, Do Something”) o piccole pillole ai limiti del melenso (“Target Market”) non fanno altro che mettere in mostra una trazione che dalla chitarra si sposta troppo spesso su tastiere e simili, fino al colpo di grazia che è la chiusura con cori, coretti ed handclapping di “Kurt vs Frasier (The Battle For Seattle)”.
Un po’ come già successo con gente come i Panic! At The Disco, i Kaiser Chiefs mostrano al pubblico come mettere in atto l’harakiri pop perfetto: l’unica speranza, nemmeno troppo convinta, è che il coltello non abbia del tutto perforato il ventricolo più rock della band inglese, se questa parte rock del cuore davvero esiste ancora.