Siamo tutti d’accordo nel definire Mark Everett uno dei più importanti songrwriter della sua generazione, quantomeno della fantomatica generazione del post grunge, una sorta di Neil Young 2.0; partito in solitaria addirittura tra gli 80 e i 90 in ambito totalmente underground, ha esordito, a livello mondiale, nel 1996, con un album folgorante dal titolo “Beautiful Freak”, ovviamente con il bizzarro moniker, con il quale in molti lo conoscono, ovvero: eels; da allora non si è più fermato, con un’ascesa di quelle che hanno lasciato il segno, fino ad arrivare, a mio parere, alla punta dell’iceberg della sua carriera, ovvero quel capolavoro di disco doppio che è “Blinking lights and other revelations” pubblicato a metà degli anni zero, c’è chi sostiene, che poi abbia messo il pilota automatico licenziando dischi più in sottotono, io non sono per nulla d’accordo, non c’è alcun lavoro degli eels che possa definirsi un passo falso e se singoli come “Bone dry” o “You are the Shining light” (Tanto per citarne un paio) dall’ultimo “Deconstruction” possano rivelarsi tali, allora li vorrei in ogni cazzo di album che esce mensilmente.
Detto questo Everett è uno che non si risparmia e la sua presenza dal vivo è costante e puntuale, di fatto questo “Decontruction tour” è in scena da più di un anno, ragionevolmente con delle pause, ma senza lasciar scontenti i fan più accaniti, tanto da ritornare in Europa, in questo scampolo d’estate che va a chiudersi, per un filotto di date e lo fa toccando anche l’Italia in un paio di appuntamenti, dopo il concerto di Cesena della scorsa stagione bella; per la data di Milano è il circolo Magnolia ad ospitare il tutto, di fatto il posto ideale, una seconda casa per molti appassionati della musica che conta ed è solo l’ennesimo evento di una delle sue stagioni estive migliori; il circolo di Segrate è ormai un punto di riferimento, a livello nazionale, per la musica indipendente nelle sue varie forme, va sottolineato che quest’anno la programmazione si è davvero superata.
Venendo al concerto di stasera (Il secondo dopo l’accoppiata di ieri in quel di Prato in condivisione con i Flaming Lips), trattasi di un bignami della discografia everettiana, è andato a pescare giusto qualche canzone per ogni album, cercando di accontentare tutti i palati, chiaro le pubblicazioni sono tante e il tempo a disposizione è il giusto, ma non infinito, quindi sono state fatte delle scelte, ma non mancano comunque gli episodi più famosi, fin dall’inizio, da quella “Novocaine for the soul” (Appunto da “Beautiful Freak”) che ne ha segnato la strada, per arrivare ai singoli citati sopra dall’ultimo album “Deconstruction” dello scorso anno, in mezzo “I like birds” o la punkeggiante “Dirty girl” rivisitata in versione balladl dal bellissimo e diretto “Shootananny!” o un’avvolgente shreckiana “I need to sleep” o le sempre rock’n’roll “Dog faced boy” o “Tremendous dynamite”, ce n’è per tutti i gusti. L’ensemble è una machine gun: affiatatissimo, preciso, unito, coinvolgente, d’impatto e psichedelico; basso, batteria e due chitarre e giusto qualche percussione, suono diretto e senza fronzoli; Mark Everett in grande forma, assolutamente simpatico, a tratti con un’attitudine da showman comico in contrappeso alla sua ombrosa fisicità e alla sua musica che ha spesso una vena malinconica. Concerto imperdibile, la fine dell’estate non poteva che essere accolta meglio di così.