Venerdì prossimo 27 settembre, via Sacred Bones, uscirà “Stars Are The Light”, il nuovo album targato Moon Duo, e non potevano non farcelo raccontare dall’anima femminile della coppia di Portland, Sanae Yamada, con cui abbiamo amabilmente colloquiato anche del rapporto tra moglie e marito rockstar, della disputa Dandy Warhols vs Brian Jonestown Massacre (e dell’attuale scena musicale nella West Coast) e infine del mitico concertone della band all’Hana-Bi di Marina di Ravenna di qualche estate fa. Ecco cosa ne è uscito fuori.
Ciao Sanae come stai? Che combini di bello?
Ciao, sono appena rientrata dal concerto che abbiamo tenuto all’Hopscotch Festival nel North Carolina e proprio ora ho messo piede a casa. Ci aspetta una settimana di prove!
Bene, è in uscita il vostro nuovo album “Stars Are The Light”, che ci racconti a proposito?
“Stars Are The Light” è stato un grandissimo esperimento per noi. Con il precedente, “Occult Architecture” ci sentivamo di aver concluso un ciclo musicale e sapevamo che mai e poi mai avremmo voluto ripeterci, così siamo andati alla ricerca di un nuovo modo per esprimerci. Abbiamo preso tanta ispirazione dalla disco e dalla musica dance e abbiamo cercato di suonare queste due lingue dalla prospettiva delle nostre origini psych e motorik. Nel registrare questa nuova musica che usciva fuori abbiamo provato una sensazione di eccitazione, un qualcosa di liberatorio e molto esplorativo. è stato però anche un po’ disorientante a volte, perchè ci sono stati dei momenti in cui ci guardavamo e non sapevamo cosa avremmo potuto combinare.
Quale è stata la molla che vi ha spinto a intraprendere questa nuova strada?
Non appena abbiamo iniziato a suonare i nuovi pezzi, ancora prima di registrarli, all’improvviso entrambi abbiamo esclamato Wow!”, avevamo trovato il giusto punto d’incontro tra il bizzarro e il cool ed è stato fantastico. Tuttavia, il disco ha assunto la sua identità quando siamo andati a mixarlo agli studi Sonic Boom di Sintra in Portogallo. Sintra è bellissima e accogliente, le sue vibrazioni positive ci hanno aiutato a definire al meglio l’anima dell’album.
Nel comunicato stampa che annunciava l’uscita di “Stars Are The Light” avete dichiarato che è cambiata la natura della collaborazione tra voi due e pertanto cercavate nuova musica che riflettesse questo. Parliamo più di evoluzione o rivoluzione del processo con cui avete composto queste nuove canzoni?
Parliamo di evoluzione. Tutti gli esseri umani cambiano nella vita come è naturale che sia, ed è proprio questo a renderci vivi. Era importante distanziarci dalla vecchia musica che componevamo in quanto non siamo più le stesse persone di quando abbiamo iniziato. Guardalo come un processo fatto di continue domande sul presente del tipo “Che sound ci rappresenta in questa fase?”, “Ma come è possibile suonare in quel modo?”, piuttosto che agire di default ricorrendo alle vecchie abitudini.
E meglio non poteva riflettere questo cambiamento che il sound della title track, primo estratto del nuovo album.
Assolutamente, penso sia la nostra canzone più emotiva di sempre. Potremmo definirla una canzone d’amore dall’anima dolceamara. Ha un senso di mitezza mai comparso prima in un nostro pezzo.
Come state allestendo i nuovi live show?
Oltre a me e Ripley ci sarà ancora John (Jeffrey) a darci supporto alle percussioni. Abbiamo aggiunto ulteriori effetti elettronici, ma principalmente il trucco sta nel suonare un po’ differenti di come lo facevamo nel passato, stiamo buttando giù nuovi ritmi, ma soprattutto vogliamo creare un ampio spazio melodico all’interno del quale potremo dar sfogo alla nostra anima motorik.
Facciamo un passo indietro alla vostra opera omnia “Occult Architecture”: ora che sono passati un paio d’anni puoi dirmi che tappa ha rappresentato per voi questo doppio album?
Per noi si è trattato di una sorta di traguardo, è stata l’esplorazione della nostra idea sonica più grande di sempre, che ci portati alla fine del nostro arco creativo e su cui dunque era doveroso mettere un punto. Nel volume II ci sono dei segnali della nostra mutazione ed ha ufficialmente aperto la porta a ciò che abbiamo fatto oggi.
Nell’ultimo anno tu Sanae hai pubblicato il tuo primo album solista come Vive Le Void, mentre Ripley è tornato a fare musica con i Wooden Shjips. Quanto è stato difficile conciliare i vostri side projects con i Moon Duo?
è stato un anno impegnativo, però era importante per noi due prenderci delle pause per concentrarci su altri progetti. Nel frattempo però i Moon Duo sono stati sempre vivi, è grazie ai Moon Duo che abbiamo potuto coltivare prospettive fresche con cui abbiamo dato vita ai nostri lavori paralleli.
Siete originari di San Francisco (la stessa città dei Brian Jonestown Massacre) ma fate base a Portland (la stessa città dei Dandy Warhols): avete mai avuto contatti con queste due band? Se l’avete visto che idea vi siete fatti sul documentario “Dig!” in cui si narra il rapporto d’amore e odio fra queste due band. Inoltre mi piacerebbe sapere com’è l’attuale scena musicale in queste due città .
Anche se se ne è parlato tanto non abbiamo mai visto “Dig!”, e comunque in tanti anni di carriera non abbiamo mai incontrato i Dandy Warhols, mentre qualche volta ci è capitato di avere a che fare con i Brian Jonestown Massacre. Adoriamo Anton Newcombe e cerchiamo di non farci sfuggire i concerti della sua band. San Francisco era un grande posto per fare musica, era piena di band e vibrazioni positive, ma la città è diventata troppo costosa per viverci, così parecchi musicisti, compresi noi, si sono spostati altrove ed è stato davvero triste. Nonostante tutto anche Portland è un buon posto per fare musica, ha una scena locale niente male e parecchie piccole venue in cui poter suonare.
Bene Sanae puoi dirmi un disco, un libro e un film che ti hanno aiutato a diventare l’artista che sei?
Oh a questa è davvero difficile rispondere, ci sono state così tante cose e in diversi momenti della mia vita che hanno contribuito a rendermi quella che sono che è impossibile citarle tutte. Al momento un disco che mi piace molto è “Trans-Millenia Music” di Pauline Anna Strom, la raccolta di racconti “Thus Were Their Faces” di Silvina Ocampo è un libro da avere, mentre “Us” di Jordan Peele è davvero un gran film.
Ultima curiosità : il vostro unico album dal vivo è stato registrato in Italia durante uno show fantastico in spiaggia. Puoi dirmi dove è nata l’idea di registrare nel nostro paese e che ricordo hai di quella serata all’Hana-Bi di Marina di Ravenna?
Era il 2013 ed era il primo tour con il nostro batterista John Jeffrey. Fino ad allora io e Ripley avevamo sempre suonato da soli con l’aiuto di una drum machine. Con John abbiamo scoperto di avere un’alchimia speciale nell’essere in tre e volevamo assolutamente catturare quell’energia. Così durante quell’estate abbiamo registrato vari live, ma quello di Ravenna è stato quello più speciale. Ricordo che faceva un caldo cocente, eravamo nel bel mezzo dell’estate e l’Hana-Bi era un posto così magico. Il concerto era divertente, l’estasi e il sudore si sono fusi alla perfezione. è stato il nostro miglior live e amo quell’album perchè fotografa alla perfezione l’entusiasmo di quel periodo.
Photo Credit: Jasmine Pasquill