di Giuseppe Loris Ienco, Zacky Appiani, Stefano Bartolotta, Fabio Campetti e Antonio Paolo Zucchelli
Stephen Malkmus non ha certo bisogno di grandi presentazioni perchè la sua pluridecennale carriera parla per lui: Pavement, The Jicks e poco tempo fa è arrivato anche il suo primo disco solista “Groove Denied”. La sua data alla Santeria Toscana 31 di Milano è prevista per venerdì 27 settembre e noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa occasione per scambiare due chiacchiere con lui al telefono e farci raccontare dei suoi esperimenti con il suo primo album solista, ma anche dei ricordi delle sue due altre band, della reunion dei Pavement del prossimo anno e di tanto altro. Ecco cosa ci ha detto:
Ciao Stephen, grazie per il tempo che stai spendendo con noi. Per prima cosa iniziamo parlando del tuo primo disco solista. Ho iniziato la mia recensione scrivendo “il progetto di una vita”. Mi ha dato l’impressione di essere qualcosa di più di un nuovo capitolo nella tua carriera. Che cosa rappresenta per te?
Ho usato la mia voce e la mia esperienza con un tipo di tecnologia diversa. Ho utilizzato più musica elettronica e ho registrato tutto da solo. E’ qualcosa che mi piace molto, ci sono le melodie e i ritmi, forse ci sono solo degli strumenti differenti. Credo che sia qualcosa di famigliare per le persone che hanno amato i Pavement o i Jicks. Credo che si troveranno a proprio agio con questa musica. Ho solo utilizzato strumenti differenti e un modo diverso rispetto al solito di vedere la musica. E’ semplicemente una cosa che mi piace.
Credo che sia la cosa più importante per un musicista che è in giro da oltre 30 anni.
E’ come una band composta da una sola persona. Nei miei concerti suono tutti gli strumenti. Suono alcune canzoni dei Pavement, è un mix. Faccio cose più sperimentali dal nuovo disco e poi altre canzoni con cui la gente ha più famigliarità . Chi viene al concerto vuole sentire anche qualche vecchia canzoni.
Dunque è più di un esperimento. Puo’ essere qualcosa che serve per trovare nuove ispirazioni per il tuo songwriting?
Sì, sicuramente. Oggi la musica sta cambiando. Mi piace suonare il classic-rock e le canzoni rock con le chitarre, ma devo anche evolvermi e connettermi con altri generi musica che mi piacciono, non solo l’indie-rock.
Ho letto in una tua recente intervista con il Guardian, che hai realizzato qualche mese fa, che hai ancora alcune canzoni non realizzate dalla sessioni di “Groove Denied”. Pensi che ci sarà una seconda parte di “Groove Denied” o un nuovo album con l’elettronica o con qualche altro tipo di sperimentazione?
Ci ho lavorato durante l’estate. Poi c’è un’altra cosa che uscirà , un album acustico, che ha ancora le chitarre. Sto imparando a non essere preoccupato a fare cose differenti. Ho la libertà di farlo. Non devo fare un altro come i Pearl Jam, che ogni volta fanno un album rock. Non dico che i Pearl Jam non siano bravi, ma io ho la libertà per sperimentare un po’. (ridiamo)
Ascoltando “Groove Denied” mi sembra di capire che tu ti sia divertito a fare questo disco. E’ stato davvero un piacere registrare questo disco per te?
Sì, per me la musica vuol dire entrare in contatto con te stesso. Non nel senso di essere un adulto e compilare i tuoi moduli delle tasse, cercando di mantenere le tue parole razionali. E’ come un gioco e un momento di piacere. (ridiamo)
Mi hai detto pochi minuti fa che hai suonato tutti gli strumenti nel tuo disco, come Prince e Lenny Kravitz. Ti posso chiedere come mai hai preso questa decisione?
Ci sono molte one-man band composte da una persona sola che registra tutto in una camera. Oggi puoi registrare con il tuo computer e puoi fare molto. Crea un feeling differente. Anche collaborare con altre persone è molto speciale e ti aiuta a trovare le sensazioni per la tua musica, ma se lo fai da solo puoi approfondire ciò che vuoi. Ho una carriera, la gente sa chi sono e ho pubblicato molti dischi. (Lavorare da solo) è una cosa interessante secondo me ed è per questo che l’ho fatto.
Hai usato synth analogici, che hanno una parte centrale in “Groove Denied”. Posso chiederti che cosa ti abbia affascinato di più di questi strumenti musicali?
A casa ho raccolto alcuni dei primi Moog e dei Juno. Fanno rumore e ti ispirano a creare un sound e una canzone. Ho sempre scritto le mie canzoni alla chitarra. Di solito non scrivo al piano, così questa volta ho pensato: “Perchè non faccio evolvere queste canzoni?” Sono un principiante. Ho dato al mio disco una qualità naif.
Mentre ascolto “Viktor Borgia” mi sono subito venuti in mente i Kraftwerk e “Popcorn”, un vecchio brano di musica elettronica degli Hot Butter: posso chiederti cosa ti piace di più della musica elettronica vintage?
Il genere di musica che volevo fare era la new wave di prima generazione, quande le persone erano molto contente di imparare queste nuove influenze. Anche nel rock n’ roll, quando sono arrivati i primi pedali o delle nuove tecnologie, la gente era molto eccitata nella creazione del sound, perchè non sapeva come usarle esattamente. E’ uno stile molto primitivo. Le persone sono diventate più evolute con il passare del tempo.
Nel tuo album più recente con i Jicks, “Sparkle Hard”, c’è questa canzone chiamata “Kite”, che credo sia una delle tue migliori di sempre: ci puoi raccontare la storia dietro a questa canzone? C’è un’atmosfera funk-fusion anni ’70 al suo interno: sei stato influenzato da qualche artista in particolare per questa canzone?
Ha il nostro più grande intro di tastiere e poi un “wah wah” groove. Non so a cosa stessi pensando (mentre la scrivevo), avevo una bella melodia. Sto cercando di pensare che cosa potesse essere. E’ una specie di funk, del funk-rock degli anni ’70. (ridiamo) Puo’ essere anche un rock dei Velvet Underground, molto semplice, con appena tre accordi, ma cercando di creare un groove.
Nel 2014 avete realizzato il vostro album “Wig Out At Jagbags” con i Jicks: so che molti tuoi fan hanno provato questa strana sensazione di vedere realizzati più album con i Jicks che con i Pavement. Quali sono i tuoi pensieri in merito? Quale reazione hai avuto in quel momento?
I Jicks esistono da tanto tempo. E’ stato qualcosa di strano. Siamo molto a nostro agio con i Jicks perchè abitiamo nella stessa città , mentre i Pavement ora abitano in luoghi diversi. Siamo molto soddisfatti delle nostre relazioni lavorative con i Jicks. Per me la band sono musicisti su cui puoi fare affidamento. Il tempo passa e noi invecchiamo, ma per me non è una cosa sorprendente che sia passato tutto questo tempo. (ridiamo) Non ci ho pensato troppo, è semplicemente successo. Forse non ce ne siamo curati troppo, stiamo bene l’uno con l’altro e spesso fare qualcosa di nuovo diventa difficile. Anche questo è un motivo per cui ho fatto il mio disco solista, “Groove Denied”. Mi sono chiesto: “Come posso spingermi verso qualcosa in cui non sono a mio agio?” E’ qualcosa di complicato, ma credo che qualche volta sia giusto entrare in un mondo in cui non sei famigliare. E’ stato un rischio.
Che cosa ci puoi dire del vostro primo EP, “Slay Tracks”, che avete realizzato 30 anni fa? Hai ancora una copia di quel disco, quella con il dinosauro verde?
Sì, ho una copia della limited edition. Scott (Kannberg) ne aveva fatto solo una cinquantina di copie o poco più. Non ne avevamo fatte stampare un centinaio di copie anche se costava non molto di più perchè erano difficili da vendere. Alcuni miei amici ne avevano fatte fare cento e ne hanno ancora alcune. (ridiamo) Noi siamo stati fortunati, alla gente è piaciuto e li abbiamo venduti.
Negli ultimi due anni hai pubblicato due dischi, uno con i Jicks e uno da solo: pensi di continuare questo trend di registrare un album con la tua band e poi uno da solo in futuro?
Credo di sì. Non sono sicuro, ma il futuro è aperto. Certamente voglio fare un altro disco come questo e cercare di sperimentare maggiormente. Ho solo bisogno di un po’ di tempo. Voglio fare le cose diversamente, registrare in uno studio diverso o creare un sound differente o anche semplicemente lavorare con un tecnico del suono diverso. Ci sono così tanti dischi che stanno uscendo in questo periodo e tu devi avere una storia da raccontare. Devo cercare di fare qualcosa che sia interessante.
Ti posso chiedere che cosa ti aspetti dal tuo concerto a Milano?
Spero che alla gente piaccia. Suonerò le canzoni di “Groove Denied” e le cambierò per farle entrare nell’aspetto live, poi farò qualche canzone dei Pavement e un paio dei Silver Jews.
Nel 2020 i Pavement compiranno 30 anni e suonerate al Primavera Sound a Barcelona e Porto e spero veramente di rivedervi ancora come mi è già successo qualche anno fa a Bologna. Credi che ci possa essere la possibilità di vedervi anche da qualche altra parte, magari in un tour mondiale?
Non lo so, è un anno che non suoniamo insieme. Quando suoneremo ancora, vedremo cosa succederà . Cercheremo di divertirci. E’ una cosa che facciamo più per amore che per lavoro. Se funzionerà bene, allora potrebbe accadere (qualcosa d’altro), altrimenti andrà bene lo stesso. (ride)
Grazie mille e ci vediamo la settimana prossima a Milano.
Grazie a te.