Primo disco solista per Brittany Howard, chitarra e potente voce degli Alabama Shakes che negli ultimi anni si è dedicata a vari progetti paralleli (Thunderbitch, Bermuda Triangle) sperimentando stili musicali diversi e altrettanti modi di essere frontwoman. “Jaime” è l’album che aspettava di fare da quando aveva undici anni. Fortemente autobiografico è dedicato alla sorella maggiore morta quando erano entrambe molto giovani dopo aver insegnato a Brittany a disegnare e suonare il piano.
Un album in solitaria in cui non resta prigioniera della voce calda e sinuosa che possiede. Non voleva ripetersi con un lavoro simile a quelli fatti in passato con gli Alabama Shakes e ci è riuscita. Brucia lento il funk di “History Repeats” e “He Loves Me” in cui il feeling con il bassista Zac Cockrell (anche lui negli Alabama Shakes) e il batterista Nate Smith è evidente. Una sezione ritmica arricchita dal piano di Robert Glasper in “13th Century Metal” e dalle tastiere di Dan Horton che guidano brani come “Georgia”o “Tomorrow”.
Ha anche una parte più radiofonica “Jaime”: “Stay High”, “Short And Sweet”, “Baby”, “Presence” brillano per sincerità , arrangiamenti molto diversi rispetto a “Goat Head” che affronta il tema del razzismo affidandosi a ricordi difficili da dimenticare. Tiene a freno la voce Brittany Howard, forse consapevole che se la lasciasse troppo libera (come fa nella trascinante ballata finale “Run To Me”) non ci sarebbe spazio per altro. Un buon esordio solista a conti fatti: più strutturato, sperimentale, un filo meno accessibile di quanto era logico aspettarsi ma interessante da ascoltare.
Credit foto: Brantley Guttierez