“Beneath the Eyrie” è il terzo album che nasce dalla reunion dei Pixies. Un disco che, a detta del frontman Black Francis, abbraccia dei toni gotici e marcatamente dark, molto più di quanto non abbiano fatto i lavori precedenti.
Non è un caso se l’alone che circonda “Beneath the Eyrie” risulta più scuro. Dal 2016, anno della pubblicazione di “Head Carrier”, molta acqua agitata è passata sotto ai ponti della band: Francis ha attraversato un divorzio ed il chitarrista Joe Santiago è andato in riabilitazione. è naturale, dunque, che molti dei brani del nuovo disco siano carichi di un’afflitta, e talvolta pedante, ricerca emotiva. Ne sono una prova “Ready for Love” e “This Is My Fate”.
L’ultimo lavoro dei Pixies è un libro di stregoneria che, in alcuni casi, incontra e sperimenta regalandoci un’inaspettata vena western, come per “In The Arms Of Mrs. Mark Of Carin”, ed in altri dà pieno sfogo alla magia nera come in “Catfish Kate”.
In “Beneath the Eyrie” Francis modella sapientemente la propria voce, che risulta, ad esempio, agitata e punk in “St Nazaire” e blues e narrativa in “Bird of Prey”. “Graveyard Hill” è, probabilmente, la canzone “da manuale”: un tuffo profondo nel mare nero “in the withching hour“. Un pezzo in pieno stile Pixies che fa eco ai livelli raggiunti dalla band tra gli anni ’88 e ’91.
“Beneath the Eyrie” non è un album che farà riguadagnare alla band i fan perduti. Tutti, o comunque la maggior parte di quelli che avevano deciso di allontanarsi dalla musica dei Pixies, l’hanno fatto perchè il piedistallo sul quale li avevano posti si è incrinato. La caduta dalla vetta della grandezza, di una band che è stata considerata come una delle più grandi della sua epoca, fu presa ed è presa tutt’oggi dai fan come un affronto personale, un dramma ancora cocente ed intriso di collera nostalgica. Quel che è certo, però, è che i Pixies continuano sulla loro strada, producendo nuovo materiale che si presenta come un soffio energetico che, sono certa, sarà più che interessante sentire live. “Beneath the Eyrie” non sarà il capolavoro che li riproietterà nelle alte sfere dell’olimpo rock, ma può essere facilmente identificato come il miglior lavoro post-reunion della band.