Malena Zavala è una musicista indie-pop argentina, ma trasferitasi ancora bambina a Londra: la ragazza sudamericana, che è anche una regista, ha realizzato il suo ottimo primo LP, “Aliso”, nell’aprile dello scorso anno via Yucatan Records, ma è già  al lavoro sul suo seguito e tra pochi giorni realizzerà  anche un nuovo singolo, “En La Noche”, che la trasporta su terreni musicali molto più vicini alla sua terra d’origine rispetto al passato. Giovedì 17 ottobre, inoltre, la Zavala suonerà  ““ in apertura a Blanco White ““ al Circolo Ohibò di Milano in quella che sarà  la sua unica data nel nostro paese. Noi abbiamo approfittato di questa occasione per parlare con lei via e-mail del suo album, del suo concerto italiano, delle sue origini, delle sue influenze, di cinema e ovviamente del suo prossimo lavoro. Ecco cosa ci ha raccontato:

Ciao Malena, come stai? Grazie per il tempo che ci stai dedicando. Prima di tutto ti vorrei chiedere del tuo trasferimento dall’Argentina al Regno Unito: quando hai attraversato l’Oceano? E’ stato difficile per una sudamericana abituarsi al Regno Unito e ai suoi usi e costumi?

Ciao, mi sono trasferita nel Regno Unito nel 1995, quando avevo appena tre anni. Credo di poter dire che per me è stato facile abituarsi alla cultura inglese, visto che ero così giovane, ma a casa abbiamo mantenuto la cultura Latina, così credo che qualche volta per me sia difficile abituarmi ad alcuni usi inglesi ancora adesso. Ho sempre avuto questa sensazione di essere un’estranea a causa di ciò.

Il tuo primo album, “Aliso”, è uscito nell’aprile dello scorso anno: che cosa è significato per te poterlo pubblicare? E’ stato un passo importante per la tua carriera?

Penso che sia stata la cosa più grande tra quelle che non avevo intenzione di fare. “Aliso” è uscito dal nulla, è stata una reazione ad anni di emozioni accumulate che doveve esprimere. Sono state le prime dieci canzoni che ho scritto ed erano solo per me. Non avevo nemmeno pensato a una carriera, l’ho solo messo su Bandcamp, ma sono contenta di essere riuscita a fare di più.

Che cosi ci puoi raccontare del titolo? Ha un significato particolare per te?

“Aliso” prende il nome da Aliso Viejo, una città  nell’Orange County, Stati Uniti, in cui io ho iniziato a scrivere le canzoni che sarebbero finite sull’album. Ho dormito per sei settimane sul divano di mia cognata e non avevo nulla da fare, così ho deciso di iniziare a suonare, usando i suoni che rappresentavano lo scenario e l’atmosfera che mi circondavano. In seguito mia nonna mi disse che aliso è il nome di una pianta che cresce comunemente a Resistencia, Argentina, il luogo in cui sono nata. E’ una bella parola che rappresenta luoghi strettamente collegati a me.

Il tuo album d’esordio quanto è stato influenzato dalle tue origini argentine?

Non molto in realtà . Credo che il brano che lo sia stato di più sia “If It Goes”, che usa un Bombo (un tamburo Sudamericano usato nella musica folk), ma nel momento in cui stavo scrivendo mi piaceva molto l’idea della California e delle città  di surf. Avrei veramente voluto vivere a Los Angeles e in tutta quella scena musicale, così credo che il mio approccio sia stato piuttosto dreamy e chitarristico.

La tua musica contiene sensazioni folk, dreamy, psichedeliche e pop. Quali sono state le maggiori influenze per il tuo primo album?

Il mio primo disco è stato parecchio influenzato da artisti come Beach House, Tame Impala e Devendra Banhart. Musica morbida, lenta e psichedelica, ma ora credo di essermi allontanata da ciò e ora amo di più quella dance e piena di groove come quella Latina o il funk africano.

Ho letto che ti piacciono molto i film: posso chiederti quali sono i tuoi preferiti? La tua musica ha un aspetto cinematico morbido e dolce in un certo senso: hai mai pensato di scrivere musica per il cinema o per le serie televisive?

Un film chiamato “Another Earth” di Brit Marling è stata un’influenza importante per “Aliso”. Mi piacciono i film di fantascienza psicologica e tutto ciò che ha a che fare con le realtà  aumentate. Mi è sempre piaciuto realizzare film e un giorno mi piacerebbe comporre qualcosa per il cinema. Credo che potrei iniziare a fare film seri, ma in questo periodo sono parecchio impegnata con la musica, magari più avanti.

La tua voce sembra parecchio speranzosa: posso chiederti di cosa parlano i tuoi testi? Sono personali? Che cosa ti ha ispirato maggiormente, mentre li stavi scrivendo?

Ogni canzone parla di un ricordo personale, di un sentimento o di un’opinione nella mia vita.

Ho letto che stai già  registrando il tuo secondo album e che a ottobre realizzerai un nuovo singolo: come stanno andando le cose? Possiamo aspettarci che il tuo nuovo LP esca entro la fine dell’anno?

Ho iniziato a scrivere lo scorso giugno e ho finito di registrare appena prima di questo tour. Dubito, però, che il mio nuovo disco possa uscire prima della fine dell’anno.

Il tuo nuovo singolo, “En La Noche”, è cantato in spagnolo. Come mai hai deciso di usare la tua lingua madre?

Questa canzone è Cumbia, un tipo di musica nata in Colombia, ma che si suona in tutta l’America Latina come party music. Per me sarebbe stato strano fare un pezzo Cumbia in inglese.

Inoltre è pesantemente influenzato dalla musica sudamericana (e ha un tocco psichedelico): è un nuovo passo per la tua carriera? Dobbiamo aspettarci altro materiale simile da te in futuro?

Sicuramente sì. Sto cercando di superare la mia confusione con la mia identità  multiculturale attraverso la ricerca musicale nel mio patrimonio culturale. Non so se sarà  qualcosa da aspettarsi in futuro, visto che la mia musica rispecchia la mia vita nel presente. Vedremo cosa accadrà .

Tra pochi giorni suonerai a Milano (in apertura a Blanco White): è la tua prima volta qui in Italia? Che cosa ti aspetti da questo concerto?

Essendo argentina sono italiana! La maggior parte della mia famiglia è composta da immigranti italiani, così per me l’Italia è come una seconda patria. Probabilmente sono stata più lì che in Argentina. Non sono mai riuscita a suonare in Italia, però, così sono curiosa di vedere le reazioni della gente.

Hai realizzato il tuo primo album anche in vinile: che cosa ne pensi di questo formato che è ritornato molto forte dopo parecchi anni? Ti piace?

Mi piacciono, anche se preferisco le cassette ai vinili a livello sonoro. Penso che il vinile sia molto speciale e che per molti sia un rituale personale. Mi piacciono molto gli artwork dei vinili, alcune copertine sono davvero delle opere d’arte geniali.

Hai qualche nuova band o musicista interessante da suggerire ai nostri lettori?

Sì, certo. L’altro giorno mi hanno parlato di questa band chiamata Minyo Crusaders: è un gruppo giapponese che fa musica Latina e Africana, ma con una pronuncia giapponese. Sono fantastici. I miei amici Wowoka Gentle hanno fatto uscire il loro primo album quest’anno e fanno esperimenti con folk, elettronica e indie-rock. Provate ad ascoltarli.