E’ una tempesta post-rock perfetta quella degli australiani We Lost The Sea.
Già attivi dal 2010 quindi con una bella gavetta (fatta di altrettanto bei lavori) alle spalle, Matt Harvey, Mark Owen, Carl Whitbread (le tre chitarre), Kieran Elliott (basso), Mathew Kelly (piano e synths) e Nathaniel D’Ugo (batteria) sono gente che ci sa fare davvero.
Muri sonori dei più magnificenti, tra cambi di passo e poliedriche sfaccettature, ambientazioni ruvide quanto più ricercate, profonde ed atmosferiche, metallici e taglienti al punto giusto con punte di struggente epicità , i We Lost The Sea sono già in vetta alle classifiche indipendenti australiane con questo loro ultimo, emozionante, album. La lunga “Towers” in apertura e il rapsodico finale di “Mother’s Hymn” (arricchita dall’ottone, presente anche in “Dust”, di Ellen Kirkwood e dalla sublime voce di Louise Nutting) tracciano i confini di questo prodotto a dir poco eccellente.
In patria sono ormai da tempo dei punti di riferimento, da noi poco più che carneadi: rimediare il prima possibile è quasi d’obbligo.
Photo by Josh Groom