Quando la notte è tarda, quando la casa è silenziosa e buia, quando l’unico rumore è quello dei nostri pensieri, è il momento di lasciarsi trasportare dallo spoken word e dalle atmosfere riflessive del nuovo disco di David J: “Mosaic” ha il compito di prenderci per mano, con le sue armonie orientali, e portarci a varcare il limite delle nostre percezioni fisiche per condurci oltre, nella stanza verde, quella con la stella sulla porta, mentre il violino di “Baudelaire” si intreccia al fiume di parole che scorrono veloci ed alle nostre emozioni, dando vita ad una preghiera laica che richiama alla mente la California degli anni Sessanta, la beat generation, Jim Morrison, il folk elettrico, Lou Reed.
Le sedici canzoni dell’album danno vita ad una lettera d’amore, David immagina sia indirizzata alla moglie, ma ciascun ascoltatore può farla propria, può usarne le parole per comprendere ciò che gli sta davvero a cuore. La fine, la perdita, infatti, sono sempre dietro l’angolo, ne puoi percepire il sapore amaro, il profumo venefico e dolciastro, come avvenne nella stanza 6-5-8 dell’Hard Rock Hotel & Casino il dannato giorno in cui morì John “The Ox” Entwistle, storico bassista degli Who.
L’album affronta il tema dei cambiamenti e delle transizioni, che spesso non sono desiderati, non sono richiesti, non sono cercati, ma siamo costretti a subirli, a farcene carico, ad abituarci a vivere con il peso eccessivo dell’assenza. Da ciò deriva la malinconia che pervade i brani e che David J tenta di esorcizzare richiamando quell’amore che gli ha consentito di uscire dall’oscurità e riprendere nuovamente il cammino. Il rischio è, infatti, quello di rimanere intrappolati nelle paludi del dolore o peggio ancora del rimorso, mentre il tempo a nostra disposizione trascorre inesorabile, incurante e spietato; “the clock it is a guillotine” recita uno dei versi più toccanti, il tempo è la ghigliottina che spezza per sempre i nostri sogni, spingendoci nel baratro delle dipendenze morbose di “Pre-Existing Condition” e delle nottate di sesso di “Copper Level 7”, due brani che mettono il dito nelle ferite aperte e che mettono alla prova la nostra fermezza e la nostra volontà a lottare per riprendersi ciò che ci è stato portato via.
“Missive To An Angel From The Halls Of Infamy And Allure” è un album omogeneo e coeso, pieno di contenuti e riferimenti personali che David J riesce a condividere col suo pubblico, mentre le canzoni scorrono fluide ed avvolgono gli ascoltatori con le loro armonie, con i violini, con il pianoforte e con le chitarre, rendendo così, anche i passaggi malinconici, bui e dolorosi, più sopportabili ed impregnandoli di fiducia. Una fiducia, non verso il futuro, perchè il futuro è solo una maledetta ghigliottina, ma verso noi stessi, verso ciò che possiamo cambiare oggi, nel presente.