di Valentina Natale e Riccardo Cavrioli
“Way To Blue”, l’emozionante omaggio a Nick Drake di Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo torna “on the road”. Il nuovo tour infatti è già iniziato e le date si snoderanno lungo i mesi di ottobre, novembre e dicembre. Ormai il duo sta portando avanti già da molti anni, con sensibilità e profonda conoscenza della materia, un tributo/omaggio che non può lasciare indifferenti i fan di Nick Drake ma anche chi non si è mai avvicinato con attenzione alla musica del cantautore inglese, scomparso il 25 novembre 1974 a soli 26 anni.
Alla luce di queste date ci siamo fatti una veloce chiacchierata proprio con Rodrigo e Roberto…
Ci raccontate com’è nato questo rapporto/omaggio con la musica di Nick Drake? «Pongmoon. Sognando Nick Drake» risale ormai al 2005, non avete pensato a una nuova uscita nel frattempo?
Rodrigo: Nel 2005 io e Roberto ci incontrammo ad una festa e iniziammo a parlare della nostra comune passione per la musica di Nick Drake.
Ci venne subito voglia di provare a unire le ricerche che entrambi stavamo facendo sul proprio strumento e cercare di riprodurre quell’alchimia di cui ci eravamo innamorati ascoltando le sue canzoni.
Questo esperimento divenne presto un disco, “Pongmoon” per l’appunto, che con la benedizione del giornalista e scrittore Stefano Pistolini (autore di un bellissimo libro intitolato “Le provenienze dell’amore” dedicato ed ispirato alla vicenda di Nick) pubblicammo nel 2005 arrivando secondi in cinquina finale al Premio Tenco come miglior album di reinterpretazioni.
Però non abbiamo mai avuto voglia di proseguire il tributo discografico ma di ampliare piuttosto quello live, preparando un repertorio sempre più ampio di suoi brani. Solo l’anno passato abbiamo deciso di stampare un vinile, che all’epoca non avevamo realizzato, inserendo due nuove tracce frutto del lavoro fatto appunto in questi 10 anni abbondanti: “Fruit Tree” e “Parasite”.
“Way To Blue” è definito come un omaggio in musica, parole e immagini a Nick Drake. Mi piace la cosa perchè non ci si ferma solo al livello musicale. Ovvia (ma non così banale) la domanda sul criterio scelto per la selezione dei brani che proponete live, ma a questo punto mi soffermerei anche sulle parole e le immagini. Quanto contano nel vostro show?
Roberto: E’ ovvio che la scelta dei brani è stata condizionata dalle nostre capacità di renderli credibili. Per questo è stato più facile (per modo di dire) pescare da “Five Leaves Left” e da “Pink Moon” e non da “Bryter Layter”.
Il primo e il terzo disco di Drake ci permettevano degli arrangiamenti più vicini agli originali mentre il secondo album, più arrangiato in senso classico con bassi e batterie, ci rendeva la vita decisamente più difficile. Per quanto riguarda le parole ci riferiamo a quelle che Rodrigo ed io ci scambiamo sul palco cercando, tra aneddoti ed esperienze personali, di arricchire e a volte alleggerire l’ora e mezza di concerto.
Le immagini invece, laddove il contesto ce lo permette, sono video e loop realizzati da un collettivo di animatori (B5) tra i quali fanno parte Lorenzo Terranera, Gianluca Maruotti, Fabio Magnasciutti e Alessandro Ferraro, che vengono proiettati alle nostre spalle durante tutta la durata del concerto.
Nick Drake curava in modo particolare arrangiamenti, accordature alternative e, in generale, le parti di chitarra. Voi come vi siete accostati a questi punti di certo non secondari?
Roberto: Per quanto mi riguarda, l’approccio alla chitarra è stato l’inizio di tutto. Avevo bisogno di stimoli e di un obiettivo. Da sempre i ritmi e gli arrangiamenti di chitarra di Nick mi erano sembrati impossibili.
Per questo ho scelto di andare in profondità e provare a studiarli.
E’ stato fondamentale, e mi fa piacere ricordarlo sempre, un musicista nord europeo di nome Chris Healey che ha raccolto tutte le intuizioni di altri appassionati in giro per il mondo creando un sito (http://nickdraketabs.co.uk/) che è una sorta di bibbia Drakiana, fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi al suo stile di chitarra.
Cosa ricordate del concerto di “Way To Blue” a Villa Pamphili del 2006, a cui parteciparono tanti ospiti (Cesare Basile, Giulio Casale, Marco Parente, Bugo, Simone Cristicchi, Niccolò Fabi): sarebbe possibile fare, oggi, un live del genere?
Rodrigo: Un ricordo bellissimo. Una serata magica. Un’atmosfera dietro le quinte e di conseguenza poi sul palco di totale fusione ed empatia tra tutti gli artisti coinvolti nel ricordo di questo artista favoloso. Organizziamo tutto io e Bob con l’aiuto di preziosi quanti improvvisati amici, il che rese tutto molto romantico, difficile e rischioso ma esaltante alla resa dei conti.
Non dimenticherò mai la scena di me e Roberto a fine serata, dopo la cena con tutti gli altri ospiti, tirare fuori di tasca nostra i soldi mancanti per andare in pari. Mai soldi furono meglio spesi.
Ci portiamo ancora oggi dietro le risultanze di quella serata speciale che ha generato una rete di rapporti e di opportunità pazzesche nelle nostre vite e nei nostri percorsi musicali.
Senza quella serata Roberto forse non sarebbe finito a suonare con Niccolò Fabi e produrne l’ultimo album e a prestare la sua chitarra in serate memorabili di tributo a Nick sotto la direzione del suo arrangiatore Robert Kirby o del suo produttore Joe Boyd.
E io probabilmente non suonerei ora con gli Afterhours grazie all’intercessione dell’amico Cesare Basile, ospite anch’egli di quella serata.
Rifarla oggi sarebbe super e sicuramente ci penseremo. Avremmo ben altri mezzi e contatti.
Sarebbe sicuramente un evento più grande e probabilmente con un impatto ancor maggiore dell’epoca ma altrettanto certamente non emozionante come quella serata romana di tanti anni fa.
La passione che avete per Nick Drake si è concretizzata in un viaggio estivo che raccontate nel documentario “Songs In A Conversation” girato da Giorgio Testi, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma il 22 ottobre e che andrà in onda su Sky Arte il 25 novembre. Senza fare spoiler, ti va di dirci dove siete andati e come è nata l’idea?
Rodrigo: L’idea è nata a Palermo dopo un bellissimo concerto ai Candelai da una chiacchierata con il direttore di Sky Arte Roberto Pisoni, grande estimatore di Nick Drake. Abbiamo avuto insieme l’idea di provare a raccontare la nostra passione in un viaggio che partendo dalla nostra esperienza coinvolgesse una serie di amici e persone a lui connesse per varie ragioni ma il tutto volendo fondamentalmente fare una fotografia dell’eredita’ musicale lasciata al mondo da Nick.
Siamo stati in molte campagne, abbiamo scelto di girare tutto o quasi all’aperto per raccontare il rapporto profondo e simbiotico di Drake con la natura.
La campagna romana, quella lombarda, il sud della Francia (zona molto cara a Nick) e ovviamente la campagna inglese prossima a Tanworth in Arden, luogo di nascita e morte di Drake e teatro di tutta la sua parabola creativa.
Gli ospiti sono Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Andrea Appino, Adele Nigro e John Wood, storico fonico di Drake, colui che registro’ e produsse i tre album realizzati in vita.
Mi chiedo se Nick Drake, dal vostro punto di vista, possa essere considerato un artista unico o se c’è qualcuno che, per musica proposta o attitudine, gli si può avvicinare o accostare
Roberto: In senso assoluto è un artista unico.
A livello musicale ha influenzato generazioni di musicisti e cantautori fino ad essere considerato il padre putativo della corrente d’inizio secondo millennio new acustic moviment. Forse l’unico che può essergli accostato per entrambi e cioè per l’approccio musicale e (tristemente) per la vita è Elliot Smith.
Ultima domanda: quanto di Nick Drake compare nelle vostre carriere quando non siete impegnati in questo splendido omaggio?
Rodrigo: Nella mia è presente ma con moderazione. A momenti. Quelli giusti.
Così come nei miei ascolti. Nick Drake occupa un suo spazio molto peculiare e privato e a volte ciclicamente sento il bisogno di riascoltarlo.
Ad esempio prima di scrivere la mia prima colonna sonora per il film “Terapia di coppia per amanti” per assurdo (dato che si trattava di una commedia) sono transitato dal suo ascolto e mi ha molto ispirato, unito a quello del secondo disco solista di Dan Auerbach “Waiting on a song”.
Roberto: Nella mia è quasi una costante.
Sarà che il suo modo di suonare mi è entrato nelle vene ed è difficile che faccia qualcosa con la chitarra acustica che non sia riconducibile a lui. Potrei quasi affermare di essere stato Drakiano prima ancora di scoprirlo. Nel ’99 realizzai un EP per la Virgin che vinse il Premio Italiano Giovani di Repubblica e c’erano tre mie canzoni realizzate chitarra (sempre arpeggiata) e quartetto d’archi. Fu in quella occasione che il mio amico cantautore Pino Marino entrò in studio in fase di realizzazione del suddetto EP e mi disse: “Hey ma tu sei un fan di Nick Drake!“… Io non sapevo chi fosse ma quella sera, tornato a casa, andai a sentire quello che sarebbe poi diventato un amore di tutta la mia vita.