“Ephemeral images are my stock in trade” (Agnes Warda).
Una frase dell’avanguardista e geniale regista è un’immagine bella, funzionale e a fuoco per iniziare a parlare del disco “Ho Bisogno di Dirti Domani”.
Nicolò Carnesi ci parla proprio dell’effimero, delle ansie del mondo di oggi, di paure e insicurezze, per farlo attinge ad una serie di esperienze che sembrano modellate in luoghi talmente precisi e riferiti ad un flusso di coscienza personale da diventare, nel giro di qualche ascolto, non-luoghi in cui ci si può identificare e in cui si può perdere ogni coordinata spazio-temporale.
Il tempo è una costante che riappare e scompare nel disco, tutto diventa relativo e ognuno, dai singoli brani, può estrapolare una frase simbolo, chiave.
Nel disco c’è la tensione temporale di un presente che continuamente arriva e svanisce: Nicolò Carnesi è vittima del tempo, ma nel suo sentirsi schiacciato dal contemporaneo e dal suo “essere a Milano”, tira fuori un disco che ha delle chiavi di lettura importanti.
“Ho bisogno di dirti domani” è un’invocazione, una necessità che Niccolò nel suo disco ci fa toccare, in particolare in pezzi come “Il Futuro”, “Turisti d’appartamento” o “Il Passato”.
La capacità di astrarsi da una “comfort-zone” è la ricetta vincente per creare una formula personale e attenta ad amalgamare il suo passato artistico, che potete riapprezzare in brani come “Levati” o “Mi sono perso a Zanzibar”, e le sue nuove tendenze sonore espresse già in brani come “Motel San Pietro”.
L’utilizzo della voce come strumento artigianale e personale è sicuramente legato ad un filone artistico che tocca anche colossi come Frank Ocean e Bon Iver.
Molti scorci del disco sono puntuali e tesi al presente: “Gli uomini persi nei mari, non sono i pirati moderni ma gli errori di tutti” e mostrano l’intelligenza nel processare e pensare le canzoni partendo non solo da un ottimo talento formale, ma dall’esigenza di fondo di raccontarsi in un modo totalmente altro, rispetto all’omogenea e inconsistente ondata di cantautori indie-pop attuali.
Più che negli altri dischi c’è un’attenzione, molto più prestante, all’architettura musicale, al soundscape complessivo del lavoro. L’obiettivo dei brani è creare un mood che sia una proiezione spazio-temporale in cui riconoscersi, perdersi e rinascere.
Credit Foto: Stefano Masselli