Rock-blues con ammiccamenti funk, che oscilla tra sonorità  più ruvide e ballate che, a loro volta, strizzano l’occhio alle atmosfere country e agli orizzonti rosso fuoco del far west, mentre l’America, quella più viscerale, nel frattempo, si lasciava stordire ed ammaliare dalle fiammate grunge di Seattle. “Amorica” rielaborava e riproponeva la carica degli anni Settanta, spingendola sempre più avanti e permettendo così ai Black Crowes di dare vita al loro energico ed originale groove.

La band era perfettamente in bilico tra un passato ormai perduto ed un presente post-industriale carico di interrogativi e speranze, riuscendo così ad abbracciare diverse generazioni di ascoltatori. Non c’è nulla di definitivo, nulla di assodato, il Tempo non ti regala nulla e spesso sembra quasi divertirsi a prendersi proprio quello a cui tieni di più. Rispetto ai lavori precedenti dei Crowes, quelli che gli avevano dato notorietà , questo è un album più maturo, meno commerciale, che, se da un lato affascina il pubblico, dall’altro lo esorta ad agire, a non restare per sempre attaccato ai propri miti. L’hard-rock non è il fine, ma semplicemente lo strumento con cui realizzare i propri sogni.

Chris Robinson accompagna le divagazioni rock-blues del disco con testi introspettivi, in cui, nonostante sia ancora un ragazzo, si rende conto che è facile perdersi e dimenticare, cadere vittima delle depressione e congelare per sempre le proprie passioni, diventando la brutta copia di sè stesso. La fine, la morte, non sono solo fisiche, ma possono essere anche mentali: tutti possono crollare e ritrovarsi, soli ed emarginati, a vagare in una terra arida.

La soluzione è lasciarsi alle spalle tutto ciò che ha il sapore dell’orgoglio e della vergogna: “another song, another mile”, la musica può estirpare il dolore e la delusione che ci affliggono, può diventare la compagna con cui affrontare questa festa dei folli che è la nostra stessa esistenza.

Le diverse canzoni dell’album scorrono come un fiume, sembra quasi di assistere alla jam perfetta in cui i Crowes riescono a far rivivere l’epoca d’oro dei Led Zeppelin o dei Grateful Dead nel bel mezzo dell’America povera e delusa, sconfitta e malata, emarginata ed abbandonata, che aveva generato ed ispirato band come i Nirvana, i Soundgarden o gli Alice In Chains.

Pubblicazione: 1 novembre 1994
Durata: 54:13
Dischi:  1
Tracce: 11
Genere: Blues-rock
Etichetta: American
Produttore: Jack Joseph Puig, Black Crowes
Registrazione: maggio ““ agosto 1994

1 ““ Gone ““ 5:08
2 ““ A Conspiracy ““ 4:46
3 ““ High Head Blues ““ 4:01
4 ““ Cursed Diamond ““ 5:56
5 ““ Nonfiction ““ 4:16
6 ““ She Gave Good Sunflower ““ 5:48
7 ““ P. 25 London ““ 3:38
8 ““ Ballad in Urgency ““ 5:39
9 ““ Wiser Time ““ 5:33
10 ““ Downtown Money Waster ““ 3:40
11 ““ Descending ““ 5:42