Laetitia Tamko, in arte Vagabon, ci aveva in qualche modo sorpreso con il suo album di debutto “Infinite Worlds ” del 2017, nel quale l’ interessante uso della chitarra, accompagnato dalla sua altrettanto interessante voce, aveva finito con il catturare l’attenzione di molti, e incuriosito e decretato l’inizio di una carriera decisamente promettente.
Con questo nuovo omonimo album Vagabon ci spiazza decisamente, offrendoci un lavoro dove la chitarra elettrica praticamente svanisce e fa capolino solo con episodi acustici , per dare maggiore spazio ad un elettro pop, da lei abilmente orchestrato, ma nel quale è la sua voce la vera ed unica protagonista.
Laetitia Tamko suona parecchi strumenti, dalla chitarra che è alla base della sua formazione musicale, fino alla batteria, la tastiera e i synth e in questo suo secondo album omonimo snocciola le sue abilità , sbizzarrendosi e controllando tutto direttamente, ma lasciando poco spazio alla chitarra, concentrandosi su un sound più rarefatto e delicato, e dove diventa la voce la principale protagonista.
Con tutta sincerità , pur riconoscendo che il materiale è ottimo, non sono convinto della scelta e non riesco proprio a considerare l’album un passo in avanti, mi da la sensazione di un bolide con i motori accesi che però non parte, che resta fermo mentre tutti si aspettano uno scatto capace di dare un brivido.
Se “Infinite Worlds ” aveva il fascino della stranezza, capace di scatenare una certa curiosità generata dalla combinazione di eleganza e confusione, avallata dalla stessa figura della cantante , questo album omonimo sembra riscrivere tutto e mostrarci un discorso diverso, più orientato verso un elettro pop, ancora elegante senza dubbio, ma meno capace di suscitare interesse e curiosità .
Ho la certezza che l’artista esprima liberamente una sua esigenza e costruisca, con convinzione un percorso elettronico, che l’avvicina molto al pop e valorizza la sua voce, ma che finisce per collocarla in una posizione di scarsa originalità nella quale viene salvata solo dalle sue indubbie qualità artistiche, in un atmosfera che spesso è tra ambient music e dream pop.
Partiamo dai singoli, “Water Me Down” è sicuramente un bel pezzo che dimostra la strada che ha scelto di percorrere Laetitia Tamko, con un testo che parla della fine di un rapporto non necessariamente d’amore cantato su un tessuto elettro pop in cui la melodia e la voce dominano, seguito da ” Every Woman” dove fa capolino una chitarra acustica mentre la voce a volte sovrapposta di Laetitia fa tutto il resto e infine “Flood” anche questo un ottimo brano.
I momenti interessanti non mancano come in “Wits About You”, la mia preferita, e con una melodia coinvolgente o in “Please Don’t Leave the Table” con sfumature jazz , e “In A Bind” con la chitarra acustica in primo piano per gran parte del brano, ma non posso negare che nel complesso la strada intrapresa da Vagabon un po’ mi delude.
Per concludere è indubbiamente un buon album, piacevole da ascoltare ma non un passo in avanti, forse una scelta giusta per il suo futuro, ma che ci consegna un’ artista diversa da quello ammirata nel primo album, sicuramente sofisticata e capace, ma allo stesso tempo meno affascinante e intrigante della Vagabon che conoscevamo.
Credit Foto: Tonje Thilesen