di Stefano Bartolotta
In anni nei quali, purtroppo, sempre meno band di fascia media, di quelle per cui ci si può ragionevolmente aspettare la presenza di alcune centinaia di persone, ricomprendono l’Italia nei propri tour europei, faceva piacere il ritorno dei Twilight Sad a Milano, in un club grande almeno il doppio rispetto a quello che aveva ospitato il concerto precedente. Nel momento in cui le avverse condizioni meteorologiche sconsigliavano di sfruttare il ponte per gite fuori porta, ecco che un sabato sera in quel del Serraglio era d’obbligo e infatti il numero di spettatori è buono, certo non da riempire completamente la sala, ma tale per cui il colpo d’occhio risultava più che soddisfacente.
La serata, in realtà , non inizia nel migliore dei modi, perchè la prestazione della band di supporto, Man Of Moon, risultava decisamente insufficiente. Il duo aveva come unico pregio, almeno alle mie orecchie, di ricordare i mai troppo rimpianti Campag Velocet, ma gli aspetti positivi finivano qui, perchè in realtà le canzoni in sè risultavano banali nella composizione e il sound era altrettanto piatto e prevedibile. Per metà dei 45 minuti che la band ha avuto a disposizione, abbiamo praticamente ascoltato la stessa canzone, poi c’è stato un minimo di varietà , ma la banalità e la piattezza compositiva e interpretativa non se ne sono mai andate.
I 75 minuti dei Twilight Sad sono stati, invece, decisamente piacevoli, perchè il quintetto ha semplicemente tutto ciò che serve per essere apprezzato da ogni appassionato di musica, o quantomeno suscitarne l’interesse. Cominciando dal frontman James Graham, bravissimo anche dal vivo, così come fa su disco, nel gestire un timbro vocale imponente, modulandolo su diverse tonalità e tenendolo sempre a bada in ogni circostanza, anche quando lo libera completamente col rischio di farselo scappar via, ma col risultato di averlo, invece, sempre in pugno e usarlo sempre al servizio della canzone. James ha anche un’ottima presenza sul palco e le sue mosse sono una bella rappresentazione visiva dell’intensità emozionale della proposta dei Twilight Sad. Accanto a lui, i musicisti producono un suono sempre piuttosto saturo, ma con dentro tanta varietà nel modo in cui gli strumenti interagiscono tra di loro, o armonizzandosi, oppure rincorrendosi, oppure ancora creando vari tipi di stratificazioni.
Questi sono tutti punti di forza della band già su disco, e rappresentano i motivi principali della costante crescita della popolarità del gruppo e dell’apprezzamento di una figura così importante come Robert Smith. Il fatto che i cinque riescano a portarli su un palco, e non si limitino a ricalcare il contenuto dei dischi, ma lo adattino alla dimensione live, mettendoci, quindi, la giusta carica, anche a discapito della precisione formale, è decisamente appagante per gli spettatori, che si godono canzoni scritte, suonate e cantate bene nella veste sonora adatta alla situazione.
L’unico consiglio che mi sento di dare alla band è quello di provare, per il futuro, ad andare al di là delle costanti fisse del proprio stile, ovvero suono saturo e timbro vocale enfatico, perchè, pur con tutta la capacità molto ben sviluppata di variare all’interno di questi confini, se un live, o un disco, non esce mai da essi, la fruibilità a lungo termine rischia di svanire. Personalmente, dopo un’ora di un suono così associato a una voce così, non ho problemi ad andare avanti con l’ascolto, ma c’è sicuramente meno trasporto. Ma al di là di questo appunto unicamente dettato dal mio gusto personale, il concerto è stato riuscitissimo e i Twilight Sad si confermano come una live band molto valida.
Photo Credit: Debi Del Grande