Non che gli ultimi film (numerosi come scoregge dopo una fagiolata) di Steven Soderbergh siano un granchè, ma “The Laundromat” è proprio una pellicola confusa, che pare partorita da un nuovo zelante regista desideroso di dimostrare qualcosa piuttosto che dal suo scafato autore.
Al netto di qualche momento interessante e qualche scelta azzeccata (per la verità una ogni cinque sbagliate), questa biopic sulle due eminenze grige dietro i famigerati Panama Papers che tanto hanno fatto tremare il panorama socio-politico sembra incapace di scegliere una identità precisa, un registro deciso. Tanto che la suddivisione in episodi dai toni diversissimi, che vanno dalla brillante commedia pedagocica alla McKay ad una parentesi gore, sembrano una soluzione all’atavica mancanza di succo, i soliti esercizi di stile volti a coprire il nulla cosmico.
Bravo Banderas, perfetta ma antipatica la Streep, meglio di tutti Gary Oldman, così a suo agio in quell’accento tedesco che mi sono andato a cercare se avesse un discendente teutonico (che ovviamente non ha, più inglesi di lui ci sono solo la Regina e Benedict Cumberbatch).