di Cassandra Enriquez
I Kuadra sono una band di Vigevano. Una resistenza underground ormai quasi leggendaria di un gruppo che s’è girato l’Europa pur cantando in italiano conquistando anche i palchi dei paesi nordici. Dopo qualche anno di assenza, solo apparente perchè il loro furgone e relativo e tour infinito non sembra essersi mai fermato, tornano con un nuovo album dal titolo “Cosa Ti E’ Successo”, un nuovo importante capitolo che riesce a far convivere influenze rock, rap e virtuosismi elettronici, grazie anche al contributo di Kole Laca alle tastiere e di Giulio Ragno Favero che ne ha curato la produzione artistica, entrambi de Il Teatro Degli Orrori.
Quella dei Kuadra è una presa di posizione: in un periodo dove tutto sembra catalogo in generi e microgeneri, dove c’è una differenza estetica e scenica tra it-pop e semplicemente pop, tra trap e rap, tra rock e tutto il resto, i Kuadra si impongono come una realtà ibrida, inclassificabile, una creatura mitologica violenta e bellissima. L’utilizzo dell’autotune fin dalla prima traccia, in un contesto differente da quello di Sfera Ebbasta, è, in questo fermentante e rigido 2019, spiazzante, così come anche la scelta dei personaggi che fanno da protagonisti nei brani, prima fra tutti la misteriosa e sporca “Trashlady” abbandonata alle strade cittadine.
I Kuadra ci offrono quindi un disco complesso, da assimilare con calma, da vivere in più ascolti per poterne cogliere al meglio tutte le influenze che si stratificano in ogni brano. Un Salmo potrebbe apprezzare i momenti di quasi rap che troviamo ne “Il Quarto Reich”, dove non mancano le chitarre elettriche, e poi ritornelli a là Ministri, cori trascinanti che sarebbe essenziale sentire anche dal vivo, e questa voce distorta, quasi metallica, che sarebbe bellissimo sentire anche in altre band della scena rock italiana, ormai dedite al conformismo dettato dai Fast Animals And Slow Kids.
Per chi non s’è mai allontanato dal rock cantanto in italiano degli anni Novanta, ma che faticava a trovare qualcosa di nuovo, per chi non ha ancora smesso di ascoltare “Ho Ucciso Paranoia” dei Marlene Kuntz ma era alla ricerca, per gli attimi di relax, di qualcosa di meno cervellotico, per chi vorrebbe pogare anche mentre sta andando al lavoro in metropolitana. Un bel disco indefinibile, per chi è un anticonformista dentro, e non sa mai come etichettare e come etichettarsi.