Una cartina geografica stilizzata adorna la copertina del dodicesimo album dei Tindersticks, il disco più ottimista e accessibile di una carriera quasi trentennale. Tre anni dopo “The Waiting Room” molte cose sono cambiate per il frontman Stuart A. Staples che ha abbandonato prima Nottingham, poi Londra e ormai vive buona parte dell’anno nella campagna francese ma passa molti mesi sull’isola di Itaca, visitata per la prima volta da ragazzo ad inizio anni novanta.
Un novello Ulisse insomma e il viaggio è il tema centrale di questo nuovo lavoro, registrato in sole cinque settimane mixaggio compreso. Piccolo miracolo per una band dedita al perfezionismo come i Tindersticks, che dopo numerosi cambi di formazione sembra aver trovato una fertile stabilità con Dan McKinna, Neil Fraser, David Boulter e Earl Harvin. Il suono caldo e solare di “No Treasure But Hope” va di pari passo con i poetici testi di Staples, sempre tormentati ma un filo meno cupi del recente passato.
Lo si avverte subito, fin dalle prime note di “For The Beauty” piccolo inno piano e voce alla bellezza che salva e distrugge allo stesso tempo (“There is an ache in our steps as walk through the streets / But it’s the beauty that stops me and brings to my knees“). La voce di Staples perde spesso l’aura disperata e maledetta che la caratterizzava per diventare più melodica in “The Amputees”, “Take Care In Your Dreams” o “Tough Love” ad esempio.
L’uso di strumenti come il bouzouki che affianca piano e archi rende più vario e spontaneo il sound curato dei Tindersticks. Romantici a loro modo lo sono sempre stati, oggi lo confermano con “Pinky In The Daylight”: la prima vera canzone d’amore che abbia mai scritto ha confessato ridendo Staples intervistato da Aquarium Drunkard. Quanto tempo è passato dal “Times are good, you’ll be glad you ran away” di “Travelling Light” (A.D. 1995).
Stuart Staples sembra proprio aver trovato la sua piccola isola felice, imparando a viaggiare leggero sul serio. I Tindersticks regalano dieci canzoni eleganti e di classe, ricche di emozioni ora più intense (“Trees Fall”, “Carousel, “The Old Man’s Gait”) ora meno ma in ogni nota c’è accortezza, professionalità che non diventa mestiere. “No Treasure But Hope” è quello che il titolo promette: un invito a sperare nonostante tutto.
Credit foto: Richard Dumas e Suzanne Osborne