Nati come una esibizione improvvisata al DRILL festival di Los Angeles nel 2017, i Fitted sono un supergruppo i cui componenti giungono da band di tutto rispetto: i Wire di Graham Lewis (basso) e Matthew Simms (chitarra), i Minutemen, gli Stooges e i fIREHOSE in cui ha militato Mike Watt per finire con i Fearless Leader e i The Freeks di cui Bob Lee era il batterista. Mike Watt è il vero e proprio leader di questa band (o esperimento estemporaneo) ma i suoni che possiamo ascoltare in “First Fits” sono molto lontani da quelli dei suoi ultimi progetti.
Osserviamo la copertina dell’album: è una foto del Brandenburg International Airport di Berlino scattata dall’alto, grigia, fredda, con minuscoli autocarri ed automobili su un immenso spazio cementificato. è un giusto richiamo alle sensazioni create dalle sei tracce (per circa 38 minuti totali) del disco. Il loro primo singolo “Training Pitbulls for the Navy” è un brano di Lewis (che con Watt si alterna nel ruolo di voce nelle tracce dell’album) con un groove danzereccio e chitarre sferzanti e pungenti. Voci baritonali, ritmi di basso e batteria pulsanti e meccanici, massiccio utilizzo di sinth ed elettronica, chitarre che più che creare armonie danno colpi distorti a dare una veste noisy al tutto. Lo psych-rock della conclusiva “First Fits”, l’esplosione finale di “Magically Blessed”, il burlesco e derisorio canto di “The Chunk That Got Chewed” sono i momenti più importanti di un disco che non offre punti di riferimento precisi ma trascina l’ascoltatore in stati d’animo vicini allo smarrimento e a un senso di isolamento claustrofobico.
Non sappiamo se ci sarà un seguito a questo primo lavoro. Ciò che è certo è che “First Fits” è un album scritto con cuore e passione da artisti che hanno ancora tanta benzina in corpo. Ogni brano contiene il sapere e l’esperienza di musicisti che hanno scritto capitoli importanti del grande libro della musica, parliamo soprattutto del panorama punk ma anche di rock in senso più generico. “First Fits” contiene tutto questo, anima, sudore, odore di luppolo fermentato assorbito dai muri e dal legno di vecchi locali che hanno visto i nostri protagonisti esibirsi negli ultimi quarant’anni.