E’ un Akin diverso dal solito quello che ha diretto Der Godene Handshuh, che rinunciando al suo stile di scrittura frizzante, ai sotterfugi pop, ha asciugato il suo stile mirando al realismo di Fassbinder. Una missione rischiosa, in gran parte riuscita, necessaria per ricostruire i sobborghi fetidi di Amburgo che ospitano le gesta del più famoso dei serial killer tedeschi, un Friz Honka schifoso e ripugnante interpetato con gran credibilità dal giovane Jonas Dassler (debitamente imbruttito dal pesante trucco).
Più che le gesta dell’assassinio seriale ad andare a segno è la messinscena decadente e mortifera, che riesce ad iniettare nello spettatore un forte senso di malessere, fargli percepire il disagio della St. Pauli di metà anni ’70, in alcuni momenti fargliene finanche sentire la puzza. Oltre al terribile protagonista, incredibile la carrellata di reietti frequentatori del bar del titolo, dalle vecchie puttane al terribile ex membro delle SS.