Se allo scoccare della mezzanotte del 1 ° agosto 1981 vi foste trovati negli Stati Uniti – magari spaparanzati su un divano, facendo zapping tra un canale televisivo e l’altro ““ avreste potuto assistere a un fatto che oggi non può che essere definito epocale per ogni appassionato che si rispetti di pop, rock o quel che sia. Mi riferisco naturalmente all’avvio ufficiale delle trasmissioni su MTV; una piccola emittente che, nel giro di pochissimi anni, sarebbe diventata gigantesca, arrivando a cambiare per sempre le dinamiche interne del mercato discografico e il modo stesso di fare comunicazione in ambito musicale. Soprattutto per quanto riguarda il presentare ““ quando non addirittura il confezionare – gli artisti da dare in pasto al grande pubblico.
E sapete quale fu il videoclip che celebrò l’inizio di questa sfavillante nuova era? Quello di “Video Killed The Radio Star” dei Buggles. Una scelta simbolica, oltre che azzeccatissima. La canzone firmata dal duo Trevor Horn–Geoff Downes (e dall’ex cantante Bruce Woolley, che ne realizzò una propria versione con i suoi The Camera Club) parla infatti di un mondo in cui sono i contenuti visivi a fare da traino alla musica.
Gli artisti incapaci di adattarsi alle regole della televisione sono destinati a sparire, costretti a imboccare quel viale del tramonto già percorso dai divi del cinema muto che finirono per farsi spazzare via dall’avvento del sonoro. Un passo in avanti davvero molto importante, ma non per questo considerato in maniera totalmente positiva dai Buggles. Il video non uccide solo le star delle radio, ma anche la fantasia di un ascoltatore sempre più bombardato di immagini e informazioni che non lasciano spazio a interpretazioni personali, o al piacere di una scoperta lenta e approfondita.
L’evoluzione tecnologica ha quindi i suoi pregi e difetti: è proprio questo il messaggio essenziale attorno al quale ruota tutto il concept di “The Age Of Plastic”, un album in cui futuro e passato entrano in collisione per dar forma a un suono innovativo e originale. Pur non essendo invecchiato benissimo, il disco conserva intatto quel fascino fantascientifico che piacque ai critici dell’epoca.
I Buggles furono tra i pochissimi a riuscire a unire con successo la complessità del progressive all’immediatezza del pop. Un risultato non da poco ““ soprattutto considerando gli scivoloni raccolti alla fine degli anni settanta da artisti del calibro di Gente Giant ed Emerson, Lake & Palmer – ottenuto tramite un enorme sforzo dal punto di vista tecnico. Grazie a metodi di registrazione all’avanguardia e a un impiego di sintetizzatori e drum machine tanto massiccio quanto intelligente, il cantante/bassista Horn e il tastierista Downes crearono quasi dal nulla un’avveniristica creatura musicale.
Il minimalismo dei Kraftwerk e la pomposità degli Electric Light Orchestra vanno a braccetto in queste otto tracce in cui convivono in armonia elementi di rock, pop, disco, new wave e persino musica classica, come dimostrano gli episodi più “barocchi” inseriti in scaletta (“Living In The Plastic Age”, “Video Killed The Radio Star” ed “Elstree”).
Tra le improvvise scariche di elettricità di “Kid Dynamo” e “Clean, Clean” si inseriscono il passo cadenzato di “Johnny On The Monorail” e il respiro leggerissimo di “Astroboy (And The Proles On Parade)”. Il desiderio di abbandonarsi tra le braccia del progresso si avverte dalla prima all’ultima nota, ma non allontana davvero mai un certo retrogusto dèmodè/nostalgico che si fa persino ansiogeno quando, ispirandosi a un racconto dello scrittore britannico J.G. Ballard, i Buggles ricorrono a uno sterile immaginario hi-tech per descrivere una relazione triste e priva di passione (“I Love You (Miss Robot)”).
Ma cosa riservò effettivamente il futuro a questi due pionieri del synth pop – le cui strade si separarono nel 1982, poco dopo l’uscita del secondo e ultimo album intitolato “Adventures in Modern Recording”? Di certo nulla di oscuro, nè tantomeno l’anonimato: Geoff Downes si diede all’AOR e fondò i fortunatissimi Asia, mentre Trevor Horn si calò nei panni di produttore e divenne “l’uomo che inventò gli anni ottanta“, mettendo la firma su una quantità industriale di classici ““ tra i quali spiccano “Welcome to the Pleasuredome” dei Frankie Goes To Hollywood, “Slave To The Rhythm” di Grace Jones e “Introspective” dei Pet Shop Boys. Chiamatele meteore!
The Buggles ““ “The Age Of Plastic”
Data di pubblicazione: 10 gennaio 1980
Tracce: 8
Lunghezza: 36:24
Etichetta: Island Records
Produttori: The Buggles
Tracklist:
1. Living In The Plastic Age
2. Video Killed The Radio Star
3. Kid Dynamo
4. I Love You (Miss Robot)
5. Clean, Clean
6. Elstree
7. Astroboy (And The Proles On Parade)
8. Johnny On The Monorail