Abbiamo lasciato i submeet a qualche mia recensione fa: avevo parlato del loro primo EP, mi era piaciuto parecchio ed avevo apprezzato questo revival shoegaze alla loro maniera, originale, intenso. Oggi parliamo ancora di questo trio…sprofondiamo nell’angoscia, nell’ansia e nella disperazione del perdersi in un aeroporto, “Terminal” è qui.
La band ha fatto un cambio di rotta molto radicale, un sound ruvido e pieno di malessere sonico, riecheggiando atmosfere che possono ricordare i Preoccupation, ma non solo, anche gli A Place to Bury Strange.
Prima di scrivere ho parlato con Zannunzio (cantante, bassista e frontman della band), per avere un po’ di info in più, per capire come mai questo album fosse così rumoroso e dal mix molto weird. Mi ha spiegato che hanno registrato tutto in analogico dal grande Davide Chiari (già nei Tin Woodman e nei Lancasters) con un otto piste, usando pochissimi microfoni per la batteria, in più erano in un posto grande e spoglio e quindi un contributo sonoro così importante è dovuto anche alla stanza in cui hanno registrato. Il mix è stato gestito appositamente in modo “deragliante”, in modo da risultare sconvolgente per l’ascoltatore. Missione compita ragazzi.
I pezzi sono travolgenti: da “Terminal”, uno dei brani che ti lapida con un muro di noise e di stanchezza unita ad una malsana tristezza, “BGY” con la sua cattiveria ed “Audiodrome”, suite malata da 12 minuti di puro Noise e Shoegaze. La band è migliorata nella costruzione dei brani e nella padronanza degli strumenti e, come dicevo prima, armatevi di coraggio per affrontare simili brani così dirompenti, rabbiosi e devastanti. Il pubblico “medio” potrebbe soccombere di fronte alla portata di questi incubi e alla rabbia che si portano dentro.
In conclusione un grandissimo album.
Foto di Ilenia Arangiaro