E siamo a 17. La band di Colin Newman, Graham Lewis, Robert Grey e Matthew Simms conosciuta da oltre quarantanni con il nome di Wire continua con grande regolarità a scrivere canzoni e stampare album con quella che era e rimane la loro maggiore qualità : sapersi rinnovare.
L’album si apre con “Be Like Them”, dai toni metal per concludersi con la delicatissima “Humming”, come a sottolineare, per l’ennesima volta, che dalle loro parti nulla è stabilito e codificato. Amiamo questa band, come negarlo. L’album precedente “Silver/Lead” ci aveva confermato la loro inesauribile vena artistica, una band che aveva deviato dalla scia punk già nel 1977, anno in cui pubblicarono “Pink Flag”, pionieri della New Wave per essere poi paragonati ai Pink Floyd, maestri della psichedelia del tempo. La vicinanza e l’influenza di Brian Eno fecero il resto con le prime sperimentazioni elettroniche.
Post-punk? Sono sempre “post” qualcosa.
Avevamo ascoltato i primi singoli, “Cactused” e “Primed And Ready”, due brani perfetti per costruzione ritmica-melodica e adatti alle frequenze FM. E come spesso accade quando si ha a che fare con i ragazzi del Watford Art College la sorpresa è subito servita, e la sorpresa ha un nome quando si parla dei Wire: Lewis alza l’asticella con un’accoppiata di brani che confermano la tradizione di autore tetro ed inquietante. La nota tendenza all’utilizzo dei synth che già caratterizzava i primi album della loro carriera artistica – pensiamo soprattutto a” Chair Missing” ed al successivo capolavoro “184” – si materializzano nella spasmodica e tenebrosa “Okhlahoma” e negli otto minuti di “Hung”, ipnotica e lenta marcia imbevuta di sottofondi elettronici a sostenere il ritmo blando di Grey e le sferrate a sei corde di Newman. Ci sono ovviamente momenti di pop ariosi con la briosa e solare “Off The Beach” e momenti di psichedelia soffice, luccicante e con bagliori floydiani di “Unrepentant”. La soave sinfonia di “Shadows” ci trasporta in luogo senza tempo, “le ombre del futuro e del passato“, appunto.
Tirando le somme “Mind Hive” è un ottimo album. Nove brani in trentacinque minuti che confermano l’ottima salute della band londinese. Pensandoci bene, quante altre band possono vantare più di 43 anni di carriera ed essere ancora così brillanti e propositive?
Photo: Fergus Kelly [CC BY-SA]