Un disco che inizia con un tenebroso quanto potente synth sulle delle semplici frasi quali “Oh, silly love/Coming here/When I said go” per me, di questi tempi, parte già da un sette.
I commenti nostrani su questo nuovo e quinto lavoro di Grimes non sono stati, da più parti, particolarmente entusiastici biasimando spesso l’atteggiamento pretestuoso del talento canadese. Dal mio punto di vista, e fortunatamente non solo, “Miss Anthropocene” è un gran bel disco synth-pop che seppur prima facie appare stucchevole ed ambizioso, nel ripetersi degli ascolti si rivela in tutta la sua reale e variopinta dimensione.
Personalmente mi ci è voluto un solo ascolto per apprezzare le ruvide e accigliate note sparse in questo disco e, quindi, credo che possa capitare anche a voi di essere rapiti dal sound non innovativo ma di sicuro evoluto di questo disco.
L’album debutta con la potentissima coppia formata dai sei minuti di puro pessimismo catastrofico di “So Heavy I Fell Through the Earth” e dalla martellante “Darkseid” in modalità supervelocità nel featuring della rapper taiwanese æ½’PAN.
Nulla è lasciato al caso, tutte le tracce sono collocate nella giusta maniera dove appare evidente la cura maniacale dei dettagli adoperata da Claire Elise Boucher. Un lavoro che potrebbe far pensare ad un concept album ma di fatto non lo è. Gli episodi si succedono lasciando in seno la curiosità per il dopo, per lo skip successivo.
Cosicchè non stupisce nel trovarsi immersi nell’easy-pop a tinte folk contenuto in “Delete Forever”, brano scelto come singolo e ispirato alla morte per overdose del rapper Lil Peep avvenuta il 15 novembre 2017.
La successiva “Violence” di chiara impronta EDM anticipa le elucubrazióni orientaleggianti di “4à†M” nella quale si eleva un trance dance nel refrain.
Il piano lento e drammatico di “New Gods” mette in risalto la vocalità dell’artista di Vancouver che evoca testi sempre più espliciti e nichilisti: “So I pray, but the world burns” o “But the world is a sad place, baby”, mentre le struggenti e profonde linee di basso di “Before the Fever” rintoccano il momento più cupo e sommesso del full-length scanditi dalle parole: “This is the sound of the end of the world/Dance me to the end of the night, be my girl/Madness, intellect, audacity/Truth and the lack thereof/They will kill us, oh, have no doubt”.
Le due ballad rappresentano una breve parentesi prima che il punk-rock travestito da note dance di “My Name Is Dark” e il sound catchy di “You’ll Miss Me When I’m Not Around” riprendono il viaggio oscuro e intenso che giunge alla sua conclusione con i sette minuti della closing track “Idoru” con la quale la giovane ma esperta Grimes cala il sipario sulla migliore esperienza, a parer mio, dei suoi dieci anni di carriera.
Credit Foto: Mac Boucher & Neil Hansen