Siete pronti per fare un ritorno al futuro? E allora salite a bordo della DeLorean e allacciate le cinture di sicurezza, perchè Huey Lewis and the News sono appena usciti dal letargo. La band statunitense rompe un silenzio protrattosi per ben dieci anni con un nuovo album intitolato “Weather”. Non aspettatevi un piatto ricco: all’interno di questa decima fatica in studio, infatti, trovano spazio appena sette tracce. In totale, fanno ventisei minuti di durata: una miseria. Che nessuno si lamenti però, perchè di per sè è già un piccolo miracolo essere riusciti a mettere le mani su questo disco.
Il destino è stato particolarmente crudele con il povero Huey Lewis, cui nel 2018 è stata diagnosticata la sindrome di Mènière. Non sono un medico, per cui vi cito parola per parola la definizione che dà la più o meno affidabile pagina di Wikipedia dedicata a questa brutta malattia: si tratta di “una sintomatologia causata da un aumento della pressione dei fluidi contenuti nel labirinto auricolare dell’orecchio interno, che provoca vertigini acute e intense, accompagnate da nausea e senso di vomito e nistagmo spontaneo”. Per farvela breve: è ormai sordo come una campana.
Le non recentissime canzoni di “Weather”, tutte registrate nel corso del 2017, rappresentano quindi una sorta di testamento artistico per lo sfortunato cantante newyorchese, costretto ad andare in pensione prima di quanto programmato. Peccato, perchè ha ancora l’entusiasmo di un ragazzino (cliccare qui per credere). Vi dirò la verità : per quanto riguarda il giudizio complessivo sull’album, ho deciso di non farmi impietosire dal profondo dispiacere che provo per la triste sorte di Lewis. “Il potere dell’amore” non ha presa sul mio arido cuore: sono freddo e insensibile, proprio come il Patrick Bateman di “American Psycho”.
E allora sarò brutale e calerò l’ascia: questo “Weather” è veramente bruttino. Piatto, inconsistente e anacronistico, suona come un mix sovraprodotto e stantio tra la Muzak (il sottofondo di ascensori o supermercati, tanto per intenderci) e i Tower Of Power. I Tower Of Power sotto l’effetto del Quaalude, però. Si parte subito male con il pop geriatrico di “While We’re Young” (titolo ironico, naturalmente: Huey Lewis ha settant’anni) cui segue il dozzinale blues di “Her Love Is Killin’ Me” e l’ancor più grossolano soul di “I Am There For You”.
Lo shuffle vivace, gli energici inserti di fiati e il gustoso assolo di Stef Burns (sì, il chitarrista di Vasco Rossi) di “Hurry Back Baby” ci ridestano dal torpore; “Remind Me Why I Love You Again” ci dà un’insperata botta di funk, con tanto di citazione princeiana in apertura. “Pretty Girls Everywhere” è la cover di un brano del 1958: l’originale è di Eugene Church & the Fellows, ma ne esiste anche un celebre rifacimento a opera dei Walker Brothers di Scott Walker. Entrambe le versioni sono migliori di questa, che scorre via senza sussulti.
Il disco si chiude con una non troppo piacevole sorpresa: “One Of The Boys” ci dà la possibilità di ascoltare Lewis mettersi alla prova con un tradizionalissimo country, ricco di armoniche e steel guitar. è il momento del commovente congedo dal pubblico: il testo della canzone, infatti, non è altro che una lettera d’amore rivolta alla musica, agli amici, ai compagni di band e al proprio mestiere (One of the boys/I’m making beautiful noise/Yeah, playing with my friends/Until the music ends).
Una lacrima scivola lungo la guancia. La migliore band americana degli anni ’80 ““ secondo Bret Easton Ellis, almeno ““ ci saluta con sette tracce buone solo per un viaggio in macchina o una playlist di Radio Capital. Speriamo sia solo un arrivederci. Per il momento, non ci resta che dire grazie a Huey Lewis: un cantante, musicista e paroliere insuperabile. E se lo dice quello psicopatico di Patrick Bateman”…
Credit Foto: Howard Brier from Brooklyn, USA / CC BY