Si era accesi discreti riflettori sugli Wilsen con l’album “I Go Missing In My Sleep”, il dream-folk della band guidata dalla magnetica Tamsin Wilson aveva ammaliato e incantato critica e pubblico. Tre anni dopo sembra che quest’attenzione sia un po’ scemata ed è un peccato, perchè la band di New York realizza, con questo “Ruiner”, il suo prodotto più bello, personale e accurato. Il trio americano non perde fascino, sensibilità ed eleganza, anzi, mantiene intatti questi punti di forza, andando però a rinforzare (in parte) un aspetto più fisico del suono, in modo che la tensione emotiva, che si crea ad ogni ascolto, sia “corroborata” anche da un sound più corposo e meno etereo che in passato.
Se nel disco precedente si lavorava moltissimo sul creare un candore e un fascino speciale, che avvolgesse l’ascoltatore, in questo album invece si cerca maggiormente il lato melodico e l’aspetto di un’urgenza espressiva che la band ha maturato e sviluppato. Ecco quindi che, a fronte di brani ancora intimi e sensibili, abbiamo perle in cui la band non ha certo paura di sporcare la tranquillità con chitarre ruvide: una tempesta che arriva (volutamente) durante la quiete.
La stessa Wilson descrive l’album come un percorso di maturità , personale certo, ma anche della band stessa, che si mostra meno misurata. Mai parole furono più veritiere. Quello che colpisce non è solo la qualità nella scrittura dei brani, ma la capacità assoluta di gestire l’equilibrio delle sensazioni: non si snaturano di certo gli Wilsen, ma sanno inserire nella loro sensibilità musicale delle novità di rilievo, che diventano determinanti per la perfetta riuscita del disco.
Se dobbiamo citare qualche brano lasciateci nominare la title track, perfetto biglietto da visita per le coordinate sonore dell’album, il climax popedelico ed inebriante di “Yntoo”, la circolarità paradisiaca e invitante di “Bird II” e quel gioiellino sonico che risponde al nome di “Feeling Fancy” che pare uscire dalla penna più ispirata delle Azure Ray.
Album perfettamente riuscito e conferma assoluta per una band di gran valore, purtroppo fin troppo lontana dai riflettori che contano.