Spesso mi capitava di acquistare cd o lp a “scatola chiusa” e devo ammettere che tale modalità era una affascinante abitudine.
Per assurdo, nonostante la possibilità odierna senza limiti di (pre)ascolto, pure oggi nel 2020 mi succede, in quanto a volte la curiosità suscitata da certi consigli (passaparola,recensioni, articoli) mi spinge all’acquisto al “buio” (sono un impareggiabile ed ostinato amante del supporto fisico).
In quel lontano 1996, mi successe con il primo album degli Eels “Beautiful Freak”.
Lessi una recensione piuttosto interessante su Rockerilla, rimanendo altresì colpito dalla foto della copertina .
In quella recensione si intravedeva un gruppo che pareva innestarsi su uno stile “tradizionale” ma con un approccio nuovo, ma non urlato o in cerca disperata della diversità , quasi come suggeriva il titolo stesso del disco.
Tale disco mi piacque talmente tanto che rimasi in trepida attesa di un seguito, sperando che non fossero una meteora (come la storia è proseguita è grazie a Dio sotto gli occhi di tutti).
Ecco pertanto che a due anni di distanza arrivò sugli scaffali “Electro-Shock Blues” ed ovviamente l’acquisto a scatola chiusura si rinnovò come si rinnovò la sorpresa per la scelta della copertina e la delizia dei suoni proposti, anche se il mood si faceva molto più oscuro e tenebroso, se pur accomunato con il debutto con una melanconia di fondo.
Altri due anni ed esce il presente “Daisies of the Galaxy”, che inaugura il nuovo millennio per gli Eels con il celeberrimo “terzo difficile disco”; nessuna caduta di tono ma, se pur le opinioni non sono unanimi, leggermente inferiore ai primi due lavori.
Non me ne vogliate ma ho sempre mentalmente creato un parallelismo, con le dovute differenze anche di contesto, con l’album dei Wilco “Summerteeth”, il più beatlesiano e solare della loro discografia.
Questo terzo album infatti, dalla copertina forse non a caso “gioiosa” e quasi fumettistica, sembra una reazione al torturato e sofferto secondo album, che riversava in un suono quasi opprimente i drammi personali dell’autore.
In questo album sembra che ci sia la necessità di riprendersi e respirare a pieni polmoni e fioccano i riferimenti ai Beatles, alla scrittura alla Brian Wilson e a gruppi come XTC, con un’idea personale di POP con quel tocco sghembo che a volte lo accomuna a Beck.
Splendide atmosfere ma forse ciò che manca rispetto a “Beautiful freak ” è la qualità eccelsa delle composizioni, che sono di buonissimo livello ma non raggiungono quelle vette.
Vi invito con veemenza a riscoprire questo gruppo ancora in attività , a mio avviso una delle migliori sorprese degli ultimi vent’anni, vera scorta di novocaina per l’anima.
(Ps il compleanno, come i più attenti noteranno, si riferisce alla stampa americana, visto che quella europea è stata precedente).
Tipo album: Studio
Pubblicazione: 28 febbraio 2000 (UK), 14 marzo (USA)
Durata: 44:18
Dischi: 1
Tracce: 15
Genere: Indie rock
Etichetta: DreamWorks
Produttore: Mark Oliver Everett
Grace Kelly Blues – 3:38
Packing Blankets – 2:07
The Sound of Fear – 3:33
I Like Birds – 2:35
Daisies of the Galaxy – 3:27
Flyswatter – 3:20
It’s a Motherfucker ““ 2:14
Estate Sale – 1:36
Tiger in My Tank – 3:07
A Daisy Through Concrete – 2:26
Jeannie’s Diary – 3:37
Wooden Nickels – 2:55
Something Is Sacred – 2:52
Selective Memory – 2:44
Mr. E’s Beautiful Blues – 3:58