di Luca Rigato
Credo che i due fratelli Eno non abbiano bisogno di molte presentazioni. Non è neanche la prima volta che collaborano insieme, a memoria sarà la quinta o la sesta volta.
Però la notizie nuove sono multiple. E’ la prima volta che i due hanno pensato ad un progetto che coinvolga solo la famiglia e che non sia dettata da compilation, colonne sonore e partecipazioni a vario titolo (vedi l’acclamatissimo “Apollo con l’ausilio di Daniel Lanois). La genesi di questo “passo a due” evidenzia le peculiarità di entrambi, Brian per la parte di trattamento dei suoni, Roger per le composizioni. Lo scrivo perchè sembra banale ma non lo è affatto.
“Mixing Colours” è costituito da materiale che è stato gradualmente costruito dal 2005. Per 15 anni i due hanno condiviso midi files scaturiti dalla penna di Roger e “trattati” dalla sensibilità di Brian, a distanza.
Come riportato nel comunicato stampa ufficiale, “Mixing Colours” è un progetto cresciuto nel corso degli anni nel quale entrambi gli artisti hanno attinto dalla loro esperienza di compositori, interpreti e produttori.
Roger Eno compone utilizzando una tastiera MIDI. Inviando questi files digitali al fratello maggiore che ha trasportato ogni brano nel suo particolare mondo sonoro, rivedendo e manipolando il contenuto.
Ma nessuno dei due aveva pensato al risultato finale per farne un album, più che altro uno scambio di idee pianistiche (evidente lo stile tardo-romantico di Roger).
In questi tempi covid-isolazionisti sembrerebbe un anticipo del prossimo futuro (anche se questa non è una vera novità ) che rivoluzionerà il modo di collaborare tra musicisti. Anche in questo, Brian Eno “sembra” aver colto “quello che sarà “. Altra novità (non da poco) è il debutto su etichetta Deutsche Grammophon, quasi a sdoganare incontri tra musiche possibili presso la prestigiosa etichetta gialla. Esperimenti su DG sono ormai all’ordine del giorno, ma mai puntati così in alto.
Ho scelto nei primi ascolti, una sequenza randomica che mi permettesse di spaziare più apertamente tra i 18 brani (il disco dura poco più di 75 minuti). E’ visibile un profondo senso di libertà di queste composizioni, verso viaggi sonori inesplorati e liberi. Composizioni relativamente brevi che non vanno mai alla deriva troppo a lungo. Musica, sontuosa ed suggestiva, invita ad immergersi anche emotivamente. Il suono risultante è caldo, invitante e cinematico, mantenuto su ritmi lenti e spettrali. I fratelli Eno hanno creato una serie di mescolanze multistrato che sembrano esistere nel loro tempo e luogo, concentrandosi su paesaggi sonori riflessivi che attirano gradualmente diretti ad un intangibile senso del mistero.
Anche se ognuno ha percorso carriere diverse, le reciproche esperienze si fondono e sebbene non possa essere facilmente spiegata, l’essere fratelli sembra portare un’intimità inespressa alla musica.
Gli unici lavori riconducibili a questo sono gli album di Brian con il pianista Harold Budd negli anni ’80, ma qui le ombre sono diverse, meno ambrate ma non certo meno introspettive ed amabili.
Disco elegante, delicato e in parte immateriale, sarà una empatica colonna sonora per questi giorni “strani” della primavera 2020.
Mi ripeto. Sembra banale ma non lo è affatto, il primo vero lavoro della coppia Roger (autore delle musiche) e Brian (coordinatore e manipolatore sonoro) Eno, è piacevole.
Aprire la finestra con il disco come sottofondo, please.
Credit Foto: via Deutsche Grammophon