Con lo sfaldarsi del britpop, i Blur presero altre rotte, Oasis, Pulp e Suede andarono, ognuno a modo proprio, incontro ad un inesorabile declino, altri gruppi (Menswear, Cast, Elastica e sodali) sparirono più o meno velocemente dai radar, o direttamente dalla circolazione. Certo è che la tempesta lasciò un’onda lunga che alcuni furono furbi ad usare per fini personali (Coldplay, col senno del poi), altri fortunati ed abili a saperne approfittare consci della voglia ancor non sopita del pubblico di ricevere del pop-rock a trazione chitarrista sventolante vessillo britannico (Stereophonics, Travis), altri ebbero la sfortuna soltanto di essere bravi, così bravi, ma forse nel momento storico sbagliato.
Tra questi, ci sono sicuramente i Doves.
Chiariamo, non che la carriera della band capitanata dai fratelli Williams non sia stata valida, tantomeno la loro offerta mediocre, tutt’altro: soltanto che visto un esordio come “Lost Souls”, a risentirlo oggi a vent’anni di distanza, i ragazzi del Cheshire avrebbero potuto avere molto di più di quello che hanno portato a casa. Chiariamo ancora: si parla di un gruppo che con i propri LP ha messo nel medagliere della UK Chart due ori e un argento, ma la cui cassa di risonanza si è spesso, colpevolmente, fermata ai limiti dell’Arcipelago britannico, senza mai sfondare concretamente in mercati come quello europeo continentale e, soprattutto, statunitense.
Gli appassionati alle etichette più che inserirli in quel Post-britpop tanto biascicato, conieranno per gente come gli stessi Doves, i King of Convenience e compagnia bella l’adesivo new acoustic movement: e “Lost Souls”, uscito nell’Anno del Signore 2000, potrebbe pure dargli, almeno inizialmente, ragione.
La prima parte, difatti, fa dell’essere lenitiva, vagamente autunnale (a dispetto della data di uscita), il suo tratto distintivo: i Doves ci portano ad ondeggiare in ambientazioni sonore che non stanno in nessun luogo, fatte di piccoli bagliori tintinnanti, trascinati dal piano Fender Rhodes, da una batteria scolastica quanto elegante, da chitarre acustiche educate, da melodie docili ed anodine. Ambientazioni che con “Sea Song”, ed il suo lungo attacco strumentale, si fanno più malinconiche ed inquiete e che con “Rise” e la titletrack “Lost Souls” cominciano a pulsare vitali.
Ma contro ogni logica di mercato, ancora più evidente se ci troviamo a che fare con il vinile e tralasciando il non trascurabile fatto che tutti e tre i singoli estratti ne fanno parte, è nel suo Lato B che “Lost Souls” prende quota e trova la propria akmè: “The Man Who Told Everything” con l’accompagnamento di violini sullo sfondo è un gioiello senza tempo, “The Cedar Room” un dorato masterpiece dall’epica livrea, “Catch The Sun” un inno che si sarebbe incastonato come pochi in un ipotetico manifesto britpop di qualche anno prima.
“Lost Souls” toccherà il numero 16 nella UK Chart, classifica in cui rimarrà per 36 settimane (nel 2006, a 6 anni di distanza dalla sua uscita, sarà pure Disco di Platino in terra natale): la consacrazione, almeno nelle British Isles, arriverà due anni più tardi con “The Last Broadcast”.
Doves – Lost Souls
Data di pubblicazione: 3 Aprile 2000
Tracce: 12
Durata: 45:49
Etichetta: Heavenly Records
Produttori: Doves, Steve Osborne
1.”Firesuite” 4:36
2.”Here It Comes” 4:50
3.”Break Me Gently” 4:38
4.”Sea Song” 6:12
5.”Rise” 5:38
6.”Lost Souls” 6:09
7.”Melody Calls” 3:27
8.”Catch the Sun” 4:49
9.”The Man Who Told Everything” 5:47
10.”The Cedar Room” 7:38
11.”Reprise” 1:45
12.”A House”