Anche nelle migliori famiglie come IFB ci sono pareri discordanti su certi dischi. Di solito ci fidiamo e accettiamo il verdetto del nostro recensore, ma per certe uscite molto importanti e in grado e di dividere la critica, abbiamo pensato a un diritto di replica, una seconda recensione che potrebbe cambiare le carte in tavola rispetto alla precedente. A voi scegliere quella che preferite”…
Leggi ‘l’altra faccia’ della recensione di “The New Abnormal” degli Strokes
The Strokes – The New Abnormal
[ Cult Records/RCA – 2020 ]
genere: pop-rock
VOTO OTHER SIDE: 8
Gli Strokes fin dal giorno zero, o forse appena subito dopo l’enorme successo di “Is This It?” (Il loro folgorante esordio) hanno sempre attirato tanti sostenitori, quanto altrettanti detrattori, quest’ultimi in trincea quasi di default, senza un vero motivo; a mio modesto parere, che lo si voglia o meno, la band di New York ha scritto una pagina importante della musica moderna, capaci di riciclare il garage, il beat o lo stesso indie rock degli anni novanta, rendendoli moderni e popolari, come pochi sono stati in grado di fare in tanti anni di musica, con una voce quella di Julian Casablancas tra le migliori di sempre. Progetto che, senza problemi, va affiancato ai giganti della storia, quantomeno verrà sicuramente ricordato nei libri di scuola. Hanno fatto cantare, ballare e sognare tutta una generazione e oltre. E anche nei loro dischi meno ispirati si trovano sempre episodi di spessore legati ad una scrittura fuori categoria, che ce l’hai o non ce l’hai, c’è poco da fare. Come detto sopra, la critica li ha spesso messi alla gogna, quasi a voler aspettare a tutti i costi un loro ipotetico passo falso. Sono praticamente arrivati al giro di boa del secondo lustro di carriera, e scelgono proprio quest’infausto Venti / Venti per tornare con un disco nuovo, il sesto della saga dal titolo “The New Abnormal”, che, come da tradizione, dividerà .
Lo diciamo subito il loro migliore da un po’ di tempo a questa parte, anzi tanto sorprendentemente bello quasi da tallonare i primi due, il già citato “Is This It?” e il criticassimo “Room On Fire”, gemme imprescindibili per capire il marchio di fabbrica “The Strokes“, tornano ad essere nuovamente una band vera e propria, unita, coesa e lo stesso songwriting si posiziona sui livelli di un tempo dopo qualche piccolo e comprensibile passaggio a vuoto.
Lo si era già capito con il primo emozionante e bellissimo singolo “At The Door” con la voce rotta di Julian sorretta per quasi tutto il pezzo da un singolo sinth e poco altro, con una melodia spaziale e malinconica, “Bad Decisions”, il secondo estratto, ce li riporta in formato 2001, una sorta di autocitazione, ma che funziona alla grande, monopolizzerebbe tranquillamente i mai dimenticati djset mondiali. Ma anche “Brooklyn Bridge To Chorus” (terza anticipazione), ci regala emozioni, ritornello appiccicoso e voglia di buttarsi nel pogo, che prima o poi ritornerà . Anche la doppietta iniziale “The Adult Are Taking” e “Selfless” è notevole quanto efficace, un inizio di quelli importanti, o una rumorosa ed elegante “Not The Same Anymore” sul finire, ma potrei anche citarle tutte le nove canzoni di un disco diretto, senza riempitivi, prodotto benissimo, scegliendo sempre, com’è nelle loro corde, la strada più semplice, con le accantonate chitarre di questi ultimi anni moderni a fare da attrici protagoniste, una album pieno zeppo di belle canzoni, che di questi tempi è merce rara, quindi: cos’altro chiedere di più?