A meno che non lo si prenda davvero come una maxi-puntata di “Gomorra”, un fallimento su tutti i fronti.
Soprassendendo sull’inutilità , se non a fini commerciali, dell’ennesima resurrezione dell’Immortale (una parabola da fare ormai invidia a Gesù Cristo), il film diretto dall’inesperto D’Amore (per chi non lo sapesse, la faccia e il corpo dinoccolato di Ciro Di Marzio) è praticamente il lungo reboot di un episodio di inizio terza serie di “Gomorra”, quello in cui Ciro si rifà una vita in Bulgaria. Quindi non solo un episodio di “Gomorra”, ma la versione pedissequa (sappiamo dal primo minuto che anche questa volta Ciro finirà con il tornare a Napoli), non fosse per l’ambientazione lettone, di un episodio già visto.
Anche la storia di formazione parallela del piccolo Ciro non esula dalla copia di mille storie di giovani vite strappate all’innocenza da un’organizzazione criminale di cui in Italia Tv e cinema si nutrono asfitticamente da decenni.
Non parlo della scena finale non per evitare uno spoiler della prossima stagione della serie, ma per pietà .