Quarto album per i Nap Eyes, la band canadese di Halifax che ha in Nigel Chapman il frontman carismatico. Dopo i tre album pubblicati per Paradise of Bachelors la band è passata alla Jagjaguwar e questo ha portato come primo vantaggio la possibilità di sfruttare di una produzione più ricca e professionale, usufruendo degli studi di proprietà dei National e avvalendosi alla produzione di Jonathan Low e James Elkington.
La qualità dei suoni risulta quindi molto curata, folk rock con chitarre in bella evidenza che incontriamo subito nella opener “So Tired”, un inno all’inutile tentativo di rispondere alle aspettative dell’altro e all’incapacità di mantenere l’ispirazione:
” Though I feel inspired, but a moment later find I’ve been too late – I’m so tired of trying to recreate“.
Chapman è alla ricerca di un equilibrio tra quello che il mondo gli chiede e ciò che egli è in grado di dare. Associati a band come i War on Drugs o alle successive esperienze soliste di Kurt Vile, la band canadese offre anche altri spunti interessanti. In “Primordial Soup”, per esmpio, spicca il delay della chitarra che introduce il brano sostenuto da una marcetta militare con il cantato di Chapman molto vicino al Lou Reed decadente di “Walk On The Wild Side” mentre in “Mark Zuckerberg”possiamo immaginarcelo camminare nella notte mentre si domanda se l’ideatore di Facebook sia un fantasma senza mani che colleziona sabbia.
L’utilizzo di suoni elettronici, come il synth di “Primordial Soup” o in “When I Struck Out On My Own” dona una maggiore profondità ai brani più lenti mentre accelerazioni e energia sono garantite dalle chitarre più distorte e veloci di “If You Were In Prison” e “Though I Wish I Could” undicesimo brano che va a chiudere il disco. Molto curioso il verso iniziale di “Though I Wish I Could” che sembra copiata da una chat di chitarristi alla ricerca dell’accordo risolutore:
“Now the C Major, B Flat Major makes a Lydian, it’s not the mode I”…often”…end up in
I”…think it’s because there’s no open”…chord for the second one
Which is not uncommon but, those things are hard to play
With the three fingers on the same fret and and the high E string still barred”
Un deciso salto di qualità questo disco dei Nap Eyes che dà nuova linfa ad un genere che ha un urgente bisogno di novità .
Photo Credit: Jodi Heartz and Alex Blouin.