Venerus è uno dei nomi caldi dell’ultimo anno: sonorità morbide che come guanti avvolgono l’orecchio dell’ascoltatore che non può far altro che piegare il collo per lasciare che quel brividino di piacere scarichi la sua elettricità lungo il filo dorsale di schiene poco avvezze ad emozionarsi ancora.
Insomma, “Canzone per un amico” non si muove sulla linea densa di parole e tragicità della sua corrispondente femminile gucciniana, ma di certo nasconde tra le pieghe del suo velluto una drammaticità quasi lirica, che danza a passi lenti sul palcoscenico vuoto di una relazione da reinventare, come tutto quello che ci circonda oggi.
Ed ecco che la certezza di poterci scoprire vicini rincuora e rasserena, e nell’era dei baci negati la voce di Venerus, che all’inizio del singolo sembra quasi emulare il vagito di un sax, diventa amica e lenitiva, lasciando che le luci si spengano su tutto il male che ci fa scoprirci ancora soli in letti troppo grandi, tra lenzuola troppo fredde.
Almeno, per i tre minuti di un singolo che si rivela azzeccato, anche se a tratti fin troppo confortevole rispetto ai fuochi d’artificio spesso spiazzanti a cui il cantautore ci ha abituati; ma oggi, che sentirsi a casa è un obbligo civile e morale, “Canzone per un amico” diventa un palliativo musicale utile a tamponare la ferita, e a ricordarci come, in tempi di tempeste, la quiete possa essere qualcosa di rivoluzionario.