Ubba + Bond è un progetto che, in tempi di quarantena, può essere farmaco per molti. Annoiati dalle stesse liriche trite e ritrite che mastro Spotify vi propina a colazione, pranzo, spuntino e cena per lenire le vostre ferite da romantici disillusi? Stufi di big della musica italiana che, con la potenza di fuoco – per utilizzare l’altisonante retorica istituzionale – di chi la rivoluzione potrebbe davvero farla, decidono di pubblicare studiate opere di sciacallaggio artistico, o peggio, canzonette che hanno su di voi lo stesso effetto positivo che sull’udito – e sull’olfatto musicale – hanno i peti del vostro cane? Intorpiditi dai lassativi musicali delle playlist, che sembrano volerci suggerire anche il colore dei boxer da indossare dopo la doccia, e ogni quanto cambiarci le mutande?
Ecco, allora, proprio come me, siete i disperati che il rodato duo chiama alle armi con il suo nuovo disco, “Mangiasabbia“: testi sfrontati e privi dei dosaggi giusti degli esperti – finalmente! – ma con la stessa ghigna amara di Freak Antoni, melodia e lirismo jannacciano – a tratti – ma con mentalità post-punk, antologia di produzioni musicali d’alto livello e un sacco di altre etichette pompose che potrei snocciolarvi ma che renderebbero solo per metà e solo a metà la metà dei motivi per i quali, dopo aver ascoltato anche solo la prima metà della prima canzone di “Mangiasabbia“, sarete completamente convinti a non fermarvi.
Ottimo lavoro e, purtroppo e per fortuna, non per tutti.