Erano oltre quattro anni che non avevamo notizie dei Thao & The Get Down Stay Down, quando la band di San Francisco aveva pubblicato il suo quarto LP, “A Man Alive”: questo weekend, invece, è arrivato il suo successore “Temple”, realizzato da Ribbon Music e Domino Recording Company.
Prodotto dalla frontwoman Thao Nguyen insieme al bassista Adam Thompson, questo nuovo album viene descritto come il lavoro più aperto e onesto della musicista di origini vietnamite nativa della Virginia, dopo il suo coming out nella vita pubblica, in cui aveva tenuto nascosto a lungo la sua identità queer per non creare subbuglio e alienazione da una famiglia e da una cultura che ama profondamente: “Questo disco parla di me in maniera specifica”, ha confermato soddisfatta Thao in una recente intervista.
I californiani ci soprendono subito con “Phenom”: quasi giocoso, questo pezzo fa ampio uso di potenti beat presi dal mondo hip hop e sembra recuperare influenze dai Beastie Boys. Forse perchè così inaspettato (almeno da chi scrive), ci spiazza profondamente, ma risulta comunque interessante.
Anche la successiva “Lion On The Hunt” non riesce a entrarci nel cuore fino in fondo: probabilmente a causa di una produzione pop troppo sperimentale la canzone perde la retta via e non ci convince del tutto.
Bellissima, invece, “Marauders”, dal tocco sognante e dall’atmosfera riflessiva: qui la voce della Nguyen viene valorizzata al massimo e il pezzo ne guadagna in classe e qualità .
“How Could I” contiene influenze punk, ma sono le melodiose linee del synth e le veloci percussioni a darle quella grazia e quella freschezza di cui si sentiva il bisogno, mentre “Disclaim” viaggia su terreni free jazz non facili e scontati e di assoluto valore.
Un disco che non ci convince sempre, ma che mostra comunque spunti di buon interesse: non sappiamo che idee potranno avere Thao e compagni per il loro prossimo album, ma il loro cammino senza dubbio ha ancora parecchio da dire.
Photo Credit: Shane McCauley