Al crepuscolo del nuovo mainstream, che sembra aver già esaurito la sua forza rinnovatrice nelle pose piatte ed emulative delle ricette riuscite (dalle copie di Frah Quintale a quelle di Calcutta, passando per gli imitatori più ricercati che provano a fare il verso a Niccolò Contessa), nel pieno del disastro post-virale che sembra aver lasciato dietro di sè un deserto digitale fatto di musica pret-à -portèr, si compie il miracolo inaspettato: sotto il sudario triste e logoro steso sull’It Pop si fa strada la defibrillazione di “Ricordi”, il nuovo EP di Alessandro Ragazzo, cantautore veneto e funambolo audace in costante e coraggioso equilibrio fra la sua spiccata vena pop e un’innata urgenza di comunicazione poetica che, per natura, non può che essere ben lontana dagli stilemi a cui ci ha abituato il mercato consumistico degli ultimi dieci anni.
“Ricordi?” scorre veloce nelle praterie del cervello, sfruttando l’aerodinamica di una produzione efficace, fresca e leggera anche laddove il peso emotivo raggiunge profondità ragguardevoli, e la voce di Ragazzo si fa sonda utile a dar luce ad una discesa vertiginosa verso un’intimità estremamente personale, a tratti quasi cupa; non manca la spunto riflessivo nelle grida d’amore che si nascondono nelle cinque tracce dell’EP, a dar spessore ad una scrittura che offre la possibilità alle orecchie meno avvezze all’impegno di trovare una propria comfort zone in ritornelli mai banali, senza far storcere il naso a chi continua a pretendere dalla canzone sfide efficaci a mettere in discussione la propria diffidenza verso il nuovo che avanza e che – troppo spesso – inciampa in passi malfermi su strade già tracciate.
Ecco allora che, se l’It Pop è arrivato al suo imbrunire, Alessandro Ragazzo sembra avere i numeri giusti per potersi proporre come ultimo dei titani, eroicamente lanciato a difendere le carezze della cantabilità dall’usura dell’abitudine, e dell’eterno ritorno di uguali che hanno già stancato anche il più assuefatto degli ascoltatori.