Fu così che Paul Banks (dominus degli Interpol) e Josh Kaufman  (produttore/polistrumentista e membro dei Bonny Light Horseman) si incontrarono di nuovo anni dopo il liceo, facendo conoscenza di Matt Barrick (batterista dei Jonathan Fire*Eater, The Walkmen, e della touring band dei Fleet Foxes), e da lì le prime intese ed alcune collaborazioni.

L’alchimia funzionava e allora, perchè no, non fare qualcosa tutti assieme, sciolto e genuino almeno nelle intenzioni, ed ecco quindi quasi da sè il primo materiale, risalente già  al 2015. Nato senza gerarchie predefinite, ma da una sana collaborazione a tre.

Ed insieme alla chimica tra i componenti anche il risultato via via diveniva soddisfacente, assumendo i connotati di un lavoro autentico, analogico nell’approccio e dalla malinconia autunnale nelle atmosfere sonore, quanto elegante e curato, dal sapore di tempi andati: senza bisogno, per Banks, di indossare il completo nero d’ordinanza Interpol.

I bpm ridotti nella delicata e tattile overture demandata a “Bad Feeling”, l’indietronica pulsante e dal sapore bucolico in “Evergreen”, via per il raffinato post-punk di “Red Western Sky” e per le psichedeliche traiettorie della sognante “Patchouli”, tutto funziona a dovere secondo un proprio peculiare ductus sonoro.

Di più, la scrittura e gli arrangiamenti sono d’eccezione e sofisticati quanto serve, Banks trova il modo di mettere in mostra un cantato duttile e versatile, Kaufman pennella ispirato e libero da schemi, Barrick meticoloso ed istintivo sulle pelli dimostra a chi non lo conoscesse quello che è: un fenomeno, capace di catalizzare l’attenzione senza velleità  tantomeno particolari arabeschi.

Gli archi arricchiscono ed adornano la cornice di brani come “Everything Like It Used to Be” con la sua incompiuta leggiadria, dove la firma sugli ottoni è quella dei The Westerlies.

Spiccano nel lotto pezzi come la toccante “Broken Tambourine”, con preziosi tocchi di pianoforte che aprono il varco ad un Banks accorato ed a tratti disperato, o la carambolante sezione ritmica di “Knuckleduster” ed una chitarra che si riattiva nevrotica, occasione perfetta per dar prova di talento e gusto anche quando i giri si alzano e l’aria si fa jazzy.

Banks, Kaufman e Barrick sono un tridente tecnicamente dotato e fantasioso, che si alterna, si completa, si supporta ed esalta il singolo componente: l’amicizia non potrà  che consolidarsi, e la sensazione è che il progetto stesso possa avere un seguito artistico a scadenza nemmeno troppo remota.

Photo Credit: Driely S.