Nessuno più di Layne Staley ha saputo dare voce e consistenza ai suoi demoni interiori; il frontman degli Alice In Chains è sempre stato onesto, puro ed implacabile nel descrivere il baratro infernale delle sue dipendenze e delle sue ossessioni. Dal seme maligno di “Facelift” germoglierà l’oscurità di “Dirt”, l’enorme buco nero nel quale Layne si lascia consapevolmente sprofondare. “Dirt” è un album crudo nel quale Jerry Cantrell e Layne Staley condensano e raccontano storie di persone comuni, le quali si trovano ad affrontare battaglie che non hanno alcuna possibilità di vincere, indipendentemente se si tratti di eroina, di solitudine, di pazzia, d’amore, di crack o degli effetti psicologici che una guerra atroce, come quella del Vietnam, provoca nei reduci.
MAN IN THE BOX
1990, da “Facelift”
Un brano, oggi, più attuale che mai. Siamo sicuri di essere liberi? Di poter, davvero, scegliere cosa fare o quale strada percorrere? In realtà l’occhio vigile del padrone è diventato, semplicemente, più subdolo. Il controllo non deve avvenire utilizzando, necessariamente, mezzi violenti e coercitivi, ma può passare attraverso i media, le nuove tecnologie sempre più all’avanguardia, il bisogno viscerale di essere amati ed avere successo, il fascino esercitato dalle nuove mode e tendenze, l’omologazione assunta ad elemento portante della società . Sono queste le nuove droghe che ci tengono buoni ed ammansiti, con cui ci obbligano a fare ciò che vogliono, costringendoci a vivere, per sempre, nelle piccole scatole che hanno costruito per noi.
THEM BONES
1992, da “Dirt”
La nostra esistenza, rispetto ai misteri del cosmo ed alle leggi che pervadono sia la materia, che lo spazio vuoto, è qualcosa di estremamente fragile. Oggi possiamo credere di essere forti, di avere potere, di dominare e controllare gli eventi esterni, ma in realtà tutto quello che pensiamo di essere o di possedere, non ci appartiene e presto saremo altro. Ed è in quel momento estremo che forse inizieremo davvero a vivere.
GOD AM
1995, da “Alice In Chains”
C’è qualcuno sopra di noi, qualcuno a cui potersi rivolgere nei momenti di difficoltà e sconforto, qualcuno che potrebbe accettarci per quello che siamo, con tutti i nostri errori, le nostre colpe, i nostri pericolosi vizi. Quel qualcuno è Dio. La preghiera degli Alice In Chains scava nelle nostre torbide coscienze, senza più timore o vergogna di mostrare il Male che abbiamo compiuto verso noi stessi e verso gli altri, alla disperata ricerca di un perdono che ci permetterà di rinascere ed essere migliori.
I STAY AWAY
1994, da “Jar Of Flies”
Brano nel quale gli Alice In Chains utilizzano anche gli strumenti a corda, riuscendo a creare un’atmosfera intensa ed evocativa; le melodie si sposano alla perfezione con la voce roca e sofferente di Layne. Una canzone immensa che trova la giusta alchimia tra il lato più rabbioso, metallico e corporeo e quello più spirituale, acido ed introspettivo delle loro sonorità .
ROOSTER
1992, da “Dirt”
Questo brano si basa sulle esperienze vissute dal padre di Jerry Cantrell in Vietnam. La guerra ti resta dentro, anche quando non sei più al fronte; ti ruba la voglia di vivere; ti toglie la speranza nel futuro; ti perseguita con i suoi peggiori incubi; ti imprigiona, fatalmente, nelle tue ossessioni, rendendoti sempre più un involucro vuoto, solitario e malato. Platone diceva che solamente i morti possono vedere la fine della guerra, per tutti gli altri non è così.
WE DIE YOUNG
1990, da “Facelift”
Diventare sempre più assuefatti alla violenza, questa è una delle spirali peggiori in cui possiamo cadere. Crediamo che il Male sia qualcosa di remoto ed estraneo, che non possa capitare a noi o a qualcuno a cui vogliamo bene. Sembra tutto finto, distante anni luce dalle nostre esistenze serene. Ed invece non è così, il Male può trovarsi accanto a noi sull’autobus o al cinema o in coda al supermercato; ma siamo così impegnati a pensare a noi stessi, che non ci importa o non ce ne rendiamo conto, ne siamo infastiditi e preferiamo far finta di niente. Intanto la nostra indifferenza farà sì che il Male colpisca soprattutto i più deboli, i più indifesi, i più poveri, i più emarginati.
NUTSHELL
1994, da “Jar Of Flies”
Quando non hai più una casa in cui rifugiarti e sei costretto a vivere per strada, a rinunciare alla tua intimità , ad uno spazio in cui poter custodire i tuoi ricordi più cari, ti senti impotente. Ogni sguardo estraneo, ogni sussurro, ogni sorrisino, ti violenta e vorresti scomparire, piuttosto che sopportarne il peso. Solo l’amore per ciò che fai, per la musica, può darti una mano, offrendoti la possibilità di una via di fuga, di una dimensione nella quale quegli sguardi e quei pensieri non riescono ad entrare.
HEAVEN BESIDE YOU
1995, da “Alice In Chains”
A volte accade che, pur amando una persona, compiamo delle scelte che la deludono, pregiudicando per sempre il nostro stesso rapporto. Perchè lo facciamo? Pressioni esterne? Paura di costruire qualcosa di duraturo? Non voler avere delle responsabilità nei confronti di qualcun altro? Bisogno di dover essere sempre al centro della scena e dell’attenzione? Presunzione di poter fare qualsiasi sciocchezza perchè, alla fine, la passeremo comunque liscia? O semplice, banale ed istintiva cattiveria che colpisce le persone che amiamo di più, solo perchè ci sono più vicine?
DOWN IN A HOLE
1992, da “Dirt”
Il buco nero, le atmosfere oniriche del brano, la malinconia che acquista sempre più uno spessore fisico da diventare insostenibile, la voglia di ricongiurgersi ad una persona amata, la cruda constatazione che adesso è impossibile farlo, per cui non resta che aggrapparsi ai ricordi, a questo grembo oscuro che risucchia ogni cosa, anche quest’anima stanca ed inquieta, bruciata e fatta a pezzi, che adesso vorrebbe solamente chiudere gli occhi, annusare i fiori e riposare.
DAM THAT RIVER
1992, da “Dirt”
Le nostre vene sono il fiume che scorre, la sua corrente è la vita. Ma quella stessa vita è stata avvelenata da qualcos’altro che sta scorrendo ed a cui sembra impossibile opporsi: l’eroina. Un Male assoluto che ti inganna, facendoti credere di poterti aiutare, ma che, invece, ti porta sempre più giù, sempre più a fondo, distruggendo la tua capacità di prendere decisioni, il tuo spirito critico, la tua stessa libertà , invertendo il corso del fiume e facendo sì che ora esso non scorra più verso la vita, bensì verso una inevitabile e drammatica fine.