Poche settimane fa, mentre stavo leggendo un’intervista rilasciata da Nick Holmes dei Paradise Lost a “Rock Hard”, mi è caduto l’occhio su un riquadro nero nel margine destro della pagina. Il breve articoletto all’interno faceva riferimento a un pezzo pubblicato da “Kerrang!” negli anni Novanta, con tanto di piccola immagine scannerizzata in allegato. Il titolo era tutto un programma: Is this the most miserable band in the world?!?

Una domanda retorica, naturalmente. Nel suo periodo d’oro, il quintetto britannico è stato effettivamente tra le realtà  musicali più tristi e deprimenti in circolazione. Un look lugubre, i volti perennemente accigliati, una gamma sonora variegata ma racchiusa in uno spettro di sottogeneri metal decisamente tendenti al cupo: death, doom e gothic. All’epoca probabilmente qualcuno pensava fosse tutta una montatura; d’altronde, tanti hanno sfruttato l’aria da dannati e tenebrosi per vendere poche copie in più.

Nulla di più sbagliato: i Paradise Lost non parlavano il linguaggio della disperazione per un mero desiderio di attenzioni, ma per una genuina volontà  di scendere a patti con i propri demoni. Nessuna autoreferenzialità : l’intenso viaggio nei meandri della sofferenza per Holmes e compagni era essenzialmente un’occasione per entrare in contatto con le debolezze umane e liberarsi di ogni peso emotivo. Un’esperienza dolorosa ma purificante, come una febbre che brucia l’anima.

Con i dodici brani di “Draconian Times”, la febbre dei Paradise Lost si fece incandescente. Il quinto album della band di Halifax resta, a un quarto di secolo dalla sua pubblicazione, una delle testimonianze più riuscite e sfolgoranti del gothic metal di scuola europea. Un mix tra pesantezza e melodia che si sviluppa seguendo coordinate estremamente dark ma affascinanti, senza quindi mai indugiare realmente nello sconforto più totale.

Le dolcissime note di pianoforte che aprono l’ultra-epica “Enchantment” mettono subito le cose in chiaro: “Draconian Times” è un disco intriso di un romanticismo sinistro e decadente, in grado di accarezzare e tramortire a colpi alterni. In “Hallowed Land” le chitarre di Gregor Mackintosh e Aaron Aedy, potenti e sature all’inverosimile, danno forma a un groviglio di atmosfere contrastanti quando entrano in rotta di collisione con le tastiere, dai cui timidi interventi già  traspare debolmente quello spirito synth rock che, nei lavori successivi, avrebbe ricoperto un ruolo centrale.

I cambiamenti erano alle porte. La voce tonante di Nick Holmes, a tratti incredibilmente simile a quella del James Hetfield dell’era Black Album, è però lì pronta a spazzare via ogni ombra di dubbio: nel 1995 i Paradise Lost erano ancora in tutto e per tutto una band heavy metal. E a dimostrarcelo ci sono una serie di brani davvero incisivi, lontani anni luce dalle sonorità  estreme degli esordi ma non per questo meno possenti.

Pur potendo contare su ritornelli molto orecchiabili, “The Last Time” e “Shadowkings” sanno bene come perforare la membrana timpanica; per non parlare poi della semplicemente devastante “Once Solemn”. “Forever Failure” – che parte con un sample della voce di Charles Manson – è gelida, lenta e disperata come il miglior gothic metal dovrebbe sempre essere. Rimanendo sullo stesso versante, è impossibile non far riferimento all’oscura bellezza di “Yearn For Change”, di “I See Your Face” e della monumentale “Jaded”, nelle quali convivono la vena epica/melodica del metal classico britannico e i venti glaciali del post-punk più macabro e vigoroso.

In generale, “Draconian Times” merita dal primo all’ultimo secondo. Peccato solo che i Paradise Lost non godano di maggior riguardo da parte degli appassionati del genere, che non gli hanno mai perdonato le frequenti metamorfosi attraversate nell’arco di una carriera comunque lunga e ricca di soddisfazione. Difficile credere che si tratti di una fonte di grande dispiacere per i cinque “miserabili” del West Yorkshire: meglio regnare all’Inferno, che servire in Paradiso.

Paradise Lost ““ “Draconian Times”
Data di pubblicazione: 12 giugno 1995
Tracce: 12
Lunghezza: 48:59
Etichetta: Music For Nations
Produttore: Simon Efemey

Tracklist:
1. Enchantment
2. Hallowed Land
3. The Last Time
4. Forever Failure
5. Once Solemn
6. Shadowkings
7. Elusive Cure
8. Yearn For Change
9. Shades Of God
10. Hands Of Reason
11. I See Your Face
12. Jaded